“Questo non è un film contro Berlusconi, non credo che Berlusconi sia un genio del male, sicuramente non è un genio...”
In questa dichiarazione, rilasciata da Sabina Guzzanti al 62° Festival di Venezia appena concluso dove ha presentato a sorpresa il suo Viva Zapatero, film-documentario che ha sbaragliato, per consenso di pubblico e critica, ogni altro film presente alla Mostra, in questa dichiarazione, si diceva, sta l’essenza del film. Dove se è vero che Berlusconi e il suo sistema di potere sono al centro della pellicola, è anche vero che i momenti più drammaticamente divertenti sono quelli in cui certi esponenti di rilievo della sinistra, siano essi politici, presidenti della Commissione di Vigilanza Rai, o direttori di giornali, mostrano la loro debolezza di fronte a un sistema che non ha inventato il Premier ma di cui egli si è servito con maestria riuscendo ad annichilire ogni forma di dissenso mediatico.
Bisogna sapere che questo Viva Zapatero non è soltanto un film satirico, è principalmente un documento drammatico perché ci sbatte in faccia il livello di degrado al quale è giunto il nostro Paese in tema di libertà di informazione e dunque di libertà tout court, al 77° posto nella classifica per libertà dei Paesi.
A partire dalla sua personale vicenda che ha riguardato la sospensione del programma Raiot, Sabina Guzzanti compie una vera e propria inchiesta giornalistica, come ormai se ne vedono poche, lasciando che i personaggi intervistati raccontino con le loro facce, i loro imbarazzi e le loro reticenze lo stato dell’informazione radiotelevisiva in Italia, e non soltanto quella. Così se possiamo vedere Gasparri in tutta la sua inconsistenza politica, viene da ridere (per non piangere) a vedere Claudio Petruccioli sprofondato in una poltrona, che faticosamente cerca di difendere il suo operato in Commissione di Vigilanza Rai riguardo alla sospensione di Raiot, o il direttore de Il Riformista Antonio Polito difendere il suo giornale che ha dichiarato che "quella non era satira!"
Ma il documentario di Sabina Guzzanti non è, non vuole essere soltanto la denuncia di quanto è capitato al suo spettacolo; è un grido, un appassionato avvertimento a tutti noi, spesso troppo distratti per reagire in modo adeguato al fatto che un governo democraticamente eletto tradisce la fiducia che i cittadini gli hanno concesso cacciando dal servizio pubblico radiotelevisivo personaggi quali Biagi, Santoro, Luttazzi e la stessa Guzzanti che attraverso l’informazione e la satira si sono permessi di raccontare al Paese qualche verità rispetto alle menzogne quotidianamente propinate da un potere arrogante e pericoloso per la libertà di tutti.
Ci dice in sostanza che quando si tacitano le voci dissenzienti e si accusa la satira di non essere tale perché fa informazione (e che altro dovrebbe fare?), forse non è ancora la morte della democrazia ma è certo che è stato inserito nel sistema un virus letale che bisogna isolare ed eliminare prima che si entri in un irreversibile coma democratico.
Nella conferenza stampa seguita alla proiezione del film Sabina Guzzanti è accompagnata dal regista Citto Maselli, Marcelle Padovani dell’Associazione Stampa Estera, il giornalista tedesco Udo Gumpel e il produttore Valerio Terenzio Trigona. Molti i giornalisti presenti, molte le domande che cercheremo di sintetizzare.
Sabina, c’è una leggenda che sostiene che tu abbia approfittato della presidenza di Sandro Curzi per ottenere il materiale dalle Teche Rai, puoi dirci la verità?
“Non è una leggenda. Un tempo per ottenere del materiale Rai bastava fare una regolare domanda e pagare. Da qualche anno, soprattutto se richiedi filmati che riguardano Berlusconi, ti rispondono che il materiale è vincolato, sotto sequestro... Abbiamo provato per questa strada senza ottenere nulla; abbiamo provato sotto falso nome dicendo che il materiale serviva per un documentario intitolato Media e cristianità, ma non è servito. Quando ho capito che avrei potuto approfittare di Sandro Curzi l’ho fatto e ne sono contenta”.
Ci puoi spiegare il senso del titolo del tuo film, visto che Zapatero appare una sola volta?
“È un titolo provocatorio. In Spagna Zapatero si muove per realizzare le cose per cui è stato eletto e questo non piace alla nostra classe politica: sono terrorizzati che anche gli elettori italiani possano pretendere altrettanto. E poi c’è un gioco con il titolo del film Viva Zapata con Marlon Brando”.
Il film è un atto di accusa contro l’inerzia della sinistra oltre che contro Berlusconi, la sinistra ha fatto sapere cosa ne pensa?
“Ancora no. Nessuno si è fatto vivo, ma il film esce ora...”.
Rivolgo la domanda ai rappresentanti della stampa straniera: quello che avete visto nel film ha aggiunto qualche preoccupazione rispetto a quanto già sapevate sullo stato dell’informazione in Italia?
Marcelle Padovani: “No, al contrario il film ci ha rassicurato perché riesce a raccontare efficacemente il berlusconismo e le difficoltà della sinistra a trovare risposte adeguate”.
Udo Gumpel: “Ha ragione Marcelle, Sabina ha dato un esempio di indipendenza che rimarrà nella storia di questo periodo e devo complimentarmi con lei per le figuracce che fa fare ai politicanti, e vorrei anche chiedere a Sabina se non ha per caso scritto il copione delle risposte degli intervistati?”
Sabina Guzzanti: “Naturalmente no. Ma dal comportamento di Petruccioli, per esempio, si potrebbe trarre spunto per la sua imitazione. La cosa era stata già progettata per Raiot, doveva farla Paolantoni, poi...”
Mi hanno colpito le dichiarazioni di Ferruccio De Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera e di Furio Colombo, ex direttore dell’Unità, ambedue costretti alle dimissioni. Potresti dirci qualcosa di più, magari qualcosa che hanno detto a telecamere spente?
“Per correttezza non si può dire ciò che non è stato filmato, ma mi pare che quanto hanno detto nel film sia sufficiente a dare un quadro, anche se ho dovuto selezionare ciò che avete visto da interviste che nella realtà duravano più di un’ora ciascuna. È significativo che De Bortoli ammetta di essere stato costretto a dimettersi dalle pressioni politiche ricevute, è una cosa che non aveva mai fatto in maniera così esplicita”.
Maurizio Mannoni, Tg3: Mi piacerebbe sapere come verrà catalogato questo film, fantastico? Comico? Secondo me è un film drammatico sulla realtà italiana, mi sembra una grande lezione di giornalismo. Vista la figura che fanno certi personaggi dubito di vederti presto in televisione, ma naturalmente spero che non sia così.
“Ti ringrazio per questa che non è una domanda ma un complimento. Voi andate in onda tutte le sere, e... insomma... Dateje dentro!”
Nelle sale dal 16 settembre distribuito da Lucky Red.