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domenica 29 dicembre 2024
di Claudio Fontanini
MARIA
Una magnifica Angelica Jolie nei panni della Callas nel film di Larrain
La donna più che la diva, i tormenti più che la gloria. Dopo Jackie (2016) e Spencer (2021) con Maria, in concorso all’ultima Mostra del cinema di Venezia, il cileno Pablo Larrain chiude la trilogia sulle icone femminili viste dalla prospettiva interiore di anime ferite. 

Si comincia dalla fine con la morte della Callas Parigi il 16 settembre 1977 per accompagnare lo spettatore a ritroso nell’ultima settimana di vita dell’artista immersa tra ricordi e visioni (Sono contenta dello spettacolo nella mia testa…). 

A quattro anni dal ritiro dalle scene, malata e accudita dai fedeli domestici Ferruccio (Pierfrancesco Favino) e Bruna (Alice Rohrwacher), la visita di un filmaker per un’intervista è l’espediente narrativo (come in Jackie) per ripercorrere carriera e tormenti, aspirazioni e bilanci esistenziali di una ribelle per natura costretta a fare i conti con l’amore. 

Tra passeggiate parigine che diventano proiezioni mentali nelle quali si mescolano a meraviglia realtà immaginata e un passato sfocato, la Callas (sullo schermo una bravissima Angelina Jolie candidata come miglior attrice in un film drammatico ai Golden Globe e in odore di Oscar) si muove e si commuove (Mi passano davanti i demoni della mia vita) imbottita di antidepressivi e col sogno impossibile di tornare a cantare. 

Flash emotivi, incontri (Non sei mai stata libera, dimentica la musica e vivi le consiglia Yakinthi, la sorella greca interpretata da Valeria Golino), smanie da diva (Vengo al ristorante per essere adulata), un passato che segna (bellissima la sequenza in bianco e nero con Maria costretta dalla madre a cantare per i soldati tedeschi) e una musica dell’anima che è figlia della disperazione  e della povertà

Col fantasma di Onassis (Haluk Bilginer) che fa capolino qua e là (A nessuno importa della sua voce come del tuo fisico gli sussurra l’armatore greco dopo l’esibizione canora della Monroe al compleanno di Kennedy) a ricordare quanto costano i sentimenti e qual è il prezzo della libertà (Non ha voluto sposarmi perché non poteva controllarmi). 

Corpo  magrissimo e sguardo allucinato, la Jolie incarna al meglio lo spirito di questo film potente ed emozionante che fa della riflessione vita/arte il suo centro (Non esiste una vita lontana dal palco dice la Callas). In mezzo vestiti bruciati e amare riflessioni sulla disparità di trattamento economico (Sinatra guadagna 10 volte più di me…), partite a carte coi domestici e prigioni dorate (Noi due possiamo andare ovunque ma non possiamo scappare dice la Callas a Kennedy). 

Con l’ultima aria dalla Tosca di Puccini (Vissi d’arte, vissi d’amore) a farsi manifesto esistenziale di una donna che nascondeva le lacrime alla luce dei riflettori.      




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