Un matrimonio che vive d’interessi e giochi pericolosi (Voleva sposare un uomo per dispetto e quell’uomo ero io… dice il marito passato da professorino precario a top manager dopo averla conosciuta), la morte improvvisa di lei (Claudia Gerini) una ricca, affascinante e carismatica imprenditrice e il principale accusato che diventa quel giovane consorte (Andrea Di Luigi) passato all’improvviso, dopo aver conosciuto la moglie, da professorino precario a top manager catapultato sulla passerella del potere.
Presentato fuori concorso al Torino Film Festival e remake del film del 2012 dello spagnolo Oriol Paulo, Il corpo di Vincenzo Alfieri (I peggiori, Gli uomini d’oro, Metti la nonna in freezer) è un thriller cupo e notturno che mette in scena, e in maschera (c’è anche una decisiva festa di ballo) i rapporti di coppia e le loro ambiguità.
Chi ha trafugato il cadavere di Rebecca Zuin, dall’obitorio? Possibile, come crede il marito, che quella donna sia ancora viva e mediti una clamorosa vendetta? Ad indagare sull’intricato caso ecco un ispettore (Giuseppe Battiston) disilluso e angosciato (ha perso la moglie cinque anni prima in circostanze misteriose e non vede la figlia, che vive a Madrid, da più di due) che non sopporta la felicità (Cosa vi ha fatto la gente triste? Io voglio stare male urla al suo Andrea Sartoretti) e forse nasconde qualcosa.
In una lunga notte, dove la pioggia cade incessante e nessuno è quello che sembra, si cerca di mettere insieme i tasselli di questo puzzle familiare che vede coinvolte anche la sorellastra della vittima e l’amante del marito stanco dei sottili giochi perversi della moglie che lo sottomettono al suo volere.
Tra flashback e impossibili autopsie, auto d’epoca in regalo e multinazionali farmaceutiche, nuove password e investigatori privati, cellulari che riappaiono misteriosamente accanto a cadaveri e Piccolo uomo di Mia Martini a farsi manifesto canoro della vicenda, il film di Alfieri (autore anche del montaggio e dello script insieme a Giuseppe G.Stasi) tiene avvinto lo spettatore tra manipolazioni e verità nascoste, allucinazioni e un obitorio come set della resa dei conti.
Con Battiston ormai padrone del ruolo (in questi giorni è in tv con l’Ispettore Stucky) ma qui senza avversario artistico. Incolore e inespressiva, la prova attoriale di Di Luigi (già visto in Nuovo Olimpo di Ozpetek) ricorda quella glaciale del Diabolik di Giacomo Gianniotti targato Mainetti. Così quello che poteva trasformarsi un bel duello psicologico a due stile Una pura formalità diventa solo un buon film di genere con colpo di scena finale.
In sala dal 28 novembre distribuito da Eagle Pictures