Un musical transgender che spazia dalla soap al crime con in mezzo intermezzi da commedia romantica. Solo un grande regista eclettico e talentuoso come Jacques Audiard (Sulle mie labbra, Un sapore di ruggine e ossa, Il profeta) poteva tenere le fila di questo originale viaggio nel cambiamento, fisico e morale, che ha appena ottenuto 4 Golden Globe dopo un duplice e meritatissimo riconoscimento all’ultimo Cannes (premio della Giuria e alle tre interpreti femminili per la miglior attrice), 5 premi Efa ed essere stato candidato per la Francia all’Oscar come miglior film internazionale.
Si comincia con un trio di mariachi in camicie con lustrini che sfocano sul panorama notturno di una Città del Messico dove un avvocatessa (Zoe Saldana) che difende i malavitosi con successo e poco onore (i meriti e le copertine vanno al suo capo) viene invitata al telefono da una voce misteriosa (mentre è in bagno a cambiare l’assorbente…) a presentarsi ad un appuntamento fuori dall’aula giudiziaria. In ballo ci sono milioni ed ecco un cappuccio in testa e un rapimento temporaneo per un incontro segreto con Manitas Del Monte, uno spietato narcotrafficante che aspira a cambiare sesso.
Ha iniziato da due anni la terapia ormonale e cerca qualcuno che possa operarlo in segreto. Il compito di Rita è trovare un posto e un medico sicuri e poi vedersi accrediti quei soldi che non ha mai visto su un conto svizzero. Detto fatto ed ecco a Tel Aviv l’incontro con il chirurgo (Vuoi cambiare vita o sesso? Che differenza c’è…) che gli darà finalmente una nuova identità.
Moglie (Selena Gomez) e due figli piccoli trasferiti preventivante a Losanna e quattro ani dopo l’intervento ecco quella nuova donna che si fa chiamare Emilia Pérez imbattersi casualmente (o forse no) durante una cena elegante con l’avvocatessa che lo riconosce per la voce.
Rita pensa voglia ucciderla per eliminare l’unica testimone della scomoda vicenda ma in realtà Emilia sente la mancanza di moglie e figli, che nel frattempo lo credono morto. Così chiede alla donna di farli tornare a Città del Messico dove lei/lui si spaccerà per una cugina del marito defunto. Inizia da qui un film di gabbie dorate e amanti nascosti, giustizia che si compra, desaparecidos e tradimenti.
Con Emilia (Karla Sofia Gascon, prima donna transgender a ricevere il premio) che s’innamora di una donna dal passato violento (Adriana Paz), apre un’associazione benefica (La Lucecita) per rintracciare le persone scomparse e vittime del narcotraffico e finisce per diventare santa in una processione finale che apre al grottesco.
Pelle, ossa e un’anima divisa in due (Chi sono io? si chiede cantando Emilia) in un film prodotto dai Dardenne che parla di corpi in mutazione e voci interiori attraverso la sperimentazione e il meta cinematografico.
Mentre il decimo lungometraggio di Audiard (filmografia da applausi con una Palma d’Oro a Cannes nel 2015 per Dheephan) inizialmente concepito come un’opera lirica in quattro atti, aggira i vuoti di sceneggiatura e la sospensione dell’incredulità con una forma espressiva che riempie occhi e spirito in una lunga confessione a cuore aperto che emoziona (su tutte la sequenza del figlio che canta a letto e riconosce in quella strana cugina che lo accarezza lo stesso odore del padre scomparso) e spaventa.
Si può cambiare fuori e dentro allo stesso tempo? E’ la domanda di un film spesso sopra le righe ma talmente potente e vibrante che si fa perdonare eccessi e lungaggini (2h10’). Musiche di Camille e Clément Ducol.
In sala dal 9 gennaio distribuito da Lucky Red