Il rosso porpora degli abiti cardinalizi, i giochi di potere, gli intrighi e le alleanze segrete tra i 118 votanti segregati e impossibiliti a comunicare con l’esterno. Basato sul libro di Robert Harris del 2016 e sceneggiato da Peter Straughan (La talpa), Conclave è un bell’esempio di thriller religioso che scava tra le pieghe sotterranee di un ambiente chiuso e inaccessibile.
Alla morte improvvisa di un papa illuminato (prima di morire aveva nominato in pectore un cardinale di stanza a Kabul) c’è da organizzare il conclave per la nuova elezione.
Il compito spetta al Decano britannico Lawrence (un magnifico Ralph Fiennes) in crisi mistica e in odore di dimissioni (già respinte dal vecchio pontefice) e favorevole alla nomina dell’amico progressista Bellini (Nessuno sano di mente vorrebbe quel trono, gli uomini pericolosi sono quelli che lo vogliono dice Stanley Tucci) in contrasto con gli altri candidati forti: l’enigmatico Tremblay (John Lithgow), il nigeriano Adeyemi (Lucian Msamati) indiziato a diventate il primo Papa africano della storia e l’italiano e tradizionalista Tedesco (un Sergio Castellitto fuori misura) che inneggia alla Guerra Santa e vuole reintrodurre il latino contro la babele linguistica.
Spuntano voti a sorpresa e scheletri nell’armadio (c’è un vecchio rapporto che è la chiave di tutto), scandali sessuali vecchi di 30 anni (ma sempre utilizzabili contro i nemici) e suore che rivelano segreti (Anche se dovremmo essere invisibili Dio ci ha dato occhi e orecchie dice Isabella Rossellini).
Mentre fuori esplodono ordigni e dentro sembra non esistano cardinali senza macchia e peccato (si parla anche di simonia e operazioni sospette in Svizzera). Tra manipolazioni e omelie (Il segreto è non offendere nessuno), dubbi che alimentano la fede e il peccato della certezza, il film dell’austriaco Edward Berger (4 Oscar nel 2023 per Nulla di nuovo sul fronte occidentale tra cui quello per il miglior film internazionale) si muove come su quella scacchiera con cui il Papa defunto amava giocare.
Mosse e contromosse, intuizioni, attacchi e difese si succedono in 120’ di grande tensione con dialoghi acuti e riflessioni morali a fare da contrappeso al valore di uno script tutto basato sulla parola.
Con l’ambizione sfrenata dei più e quei sigilli rotti da Lawrence alla stanza papale a suggellare questa riunione ecclesiastica che fa rima con guerra più che con santità.
Peccato soltanto per un finale davvero un po’ troppo sopra le righe che preferisce il colpo ad effetto (secretato) alla realtà per ribadire la causa della Chiesa. Magnifici costumi e scene con la casa Santa Marta e la Cappella Sistina ricostruite a Cinecittà. Sei candidature ai prossimi Golden Globe (miglior film e attore in un film drammatico, regia, attrice non protagonista, sceneggiatura e colonna sonora).
In sala dal 19 dicembre distribuito da Eagle Pictures