Tre epoche, un amore impossibile che viaggia lungo i sentieri del tempo, un mondo dove i sentimenti sono banditi. Chi è Gabrielle Monnier (una straordinaria Lea Seydoux)? Pianista nella Parigi del 1910, aspirante attrice nella Los Angeles del 2014 e donna in attesa della purificazione del proprio DNA (ripulisce i vecchi traumi ereditati e che contaminano l’inconscio) in cambio di un nuovo posto di lavoro nel 2044 (come le ricorda la voce gelida dell’I.A. che governa un mondo dove regna la calma assoluta).
Presentato in concorso a Venezia 80, The beast di Betrand Bonello adatta liberamente La bestia nella giungla di Henry James in un cinema che mette in scena l’invisibile scatenando associazioni e proiezioni mentali. E’ la paura di amare, ovvero di aprire una porta verso l’ignoto, il tema portante di questo film affascinante, misterioso, metafisico e non lineare.
Un’opera che sfida le convenzioni narrative in un vero e proprio flusso di coscienza che regala emozioni e passaggi visivi di grande fascino (la fuga sott’acqua dei due spasimati durante l’alluvione della Senna, la fabbrica di bambole che da oggetti d’arte diventano creature inanimate).
Può essere pericoloso far tornare qualcuno ciò che era dice Louis (George MacKay) l’oggetto del desiderio di Gabrielle (Con lui fai l’amore in sogno mai in vita) che riprende le fila di quella tessitura amorosa fatta di negazioni e mancati appuntamenti.
Si comincia come un melodramma e si finisce, tra atmosfere del David Lynch di Mulholland Drive (ma si sento anche l’eco del Croneneberg di Crimes of the future in quel corpo vestito di lattice e immerso nel nero della pece in attesa dell’azzeramento delle emozioni) nello sci-fi che parla di un futuro già minacciosamente diventato presente.
Tra sensazioni di annientamento e piccioni prigionieri in una stanza come presagio di morte, chiaroveggenti e Madame Butterfly (un dramma sulla perdita), terremoti (terrestri e dell’anima) e intermezzi in discoteca (si entra, letteralmente, nel 1963, nel ’72 e nell’80 attraverso brani d’epoca), mani che si stringono e corpi che si cercano (Cos’è più forte, la tua paura o il tuo amore per me? chiede Louis a Gabrielle nel frattempo sposa insoddisfatta di un altro),
The beast inneggia all’amore sempreverde che resiste al tempo (Abbiamo fatto bene ad aspettare dice Gabrielle) mentre video e telecamere (eccole le Bestie) invadono menti e cuori e la dittatura del controllo annienta le libertà individuali e la responsabilità della scelta. Con quei provocatori titoli di coda sostituiti da un QR ad indicare lo stato dell’arte.
In sala dal 21 novembre distribuito da I Wonder Pictures