Bilanci essenziali e presagi di morte. La seconda fase della carriera di Pedro Almodovar (75 anni compiuti a settembre) fa i conti col tempo che passa e con la vita che fugge. A tre anni da Madres paralelas e dopo Dolor y gloria (il suo capolavoro della maturità artistica), il regista spagnolo ne La stanza accanto, Leone d’Oro all’ultima Mostra di Venezia, affronta il tema dell’eutanasia attraverso la reunion di due vecchie amiche che si sono perse di vista negli ultimi anni.
Scrivevano nella stessa rivista, Paper, negli anni ’80 (quelli della New York più edgy) ed ora Martha (Julianne Moore) è un’affermata scrittrice (La morte è innaturale scrive nel suo ultimo libro semiautobiografico) ed Ingrid (Tilda Swinton) una ex reporter di guerra alle prese con un tumore inoperabile alla cervice (Sopravvivere è quasi deludente).
Una figlia lontana che non sente sua, la terapia sperimentale che non ha dato gli esiti sperati, e la necessità di avere affianco una persona che l’accompagni con dignità verso una morte che fa rima con liberazione. Saputo casualmente ad un firma copie dello stato di Ingrid ecco Martha al capezzale dell’amica che la invita un mese in una lussuosa villa nel bosco a Woodstock dove ha intenzione di togliersi la vita con una pillola acquistata sul dark web.
La porta chiusa della stanza di Ingrid sarà il segnale dell’avvenuta dipartita con tutte le istruzioni da dare in seguito alla polizia per scagionarsi da ogni accusa. Tra gesti simmetrici e ricordi del passato che si riflettono sul presente, Buster Keaton e Lettera da uno sconosciuto di Ophuls in dvd, sedativi e un amante condiviso e di ritorno (John Turturro) il film di Almodovar, il primo girato in lingua inglese, è uno studiato e compassato teatro della parola che mette in scena la complicità e l’urgenza di parlare e confidare il proprio stato ad un interlocutore disposto all’ascolto (Stare accanto a qualcuno, semplicemente esserci è una qualità superiore persino ai grandi sentimenti quali l’amore, l’amicizia o la fratellanza scrive il regista spagnolo nelle note di regia).
Scritto da Almodovar e basato su Attraverso la vita, il romanzo di Sigrid Nunez dal quale il regista spagnolo sceglie un solo episodio, La stanza accanto evita programmaticamente il melodramma e i sentimentalismi finendo però per ingabbiare il film in una cornice dai cromatismi accesi, luminosa e floreale che unita all’esibita e ricercata eleganza (c’è persino una scatola di torroncini di Dolce e Gabbana…) finisce per fare sentire distanti queste due donne e rendere il tutto più elitario e formale che sentito e doloroso. Con una musica da thriller fuori contesto e quei flash back iniziali a rendere il tutto paradossalmente poco empatico visto il tema centrale di cui si tratta.
Così tra fiocchi neve rosa (Il cambiamento climatico qualcosa di buono ha portato dice Ingrid davanti alla finestra) e citazioni del John Huston di The Dead, Gente al sole di Hopper e l’inevitabile da non rimandare (Che senso ha aspettare se sono pronta a morire? domanda Ingrid all’amica), concerti di usignoli al mattino e vagabondaggi erotici (Il sesso è il modo migliore per scacciare i pensieri di morte), diari di guerra e un mondo al collasso (Il giorno in cui neocapitalismo ed estrema destra avanzeranno insieme inizierà il conto alla rovescia dice il pessimista cosmico John Turturro), La stanza accanto intreccia menti e corpi (c’è anche una parentesi in palestra con Martha e il personal trainer che vorrebbe abbracciarla ma non può) in un conto alla rovescia con la vita tutto giocato sulla prova di due attrici che si ammirano ma non riscaldano il cuore.
In sala dal 5 dicembre distribuito da Warner Bros.Pictures