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sabato 21 dicembre 2024
di Claudio Fontanini
LE OCCASIONI DELL’AMORE
Guillaume Canet e Alba Rohrwacher in un melodramma della parola
Mathieu è un famoso attore cinematografico parigino che per insicurezza ha deciso di abbandonare il suo debutto teatrale a un mese dalla prima, Alice una timida e sensibile insegnante di pianoforte con bassa autostima. Si sono amati e lasciati bruscamente e 15 anni dopo si rincontrano, per caso o forse no.
Mathieu (Guillaume Canet) è un famoso attore cinematografico parigino che per insicurezza ha deciso di abbandonare il suo debutto teatrale a un mese dalla prima, Alice (Alba Rohrwacher) una timida e sensibile insegnante di pianoforte con bassa autostima. Si sono amati e lasciati bruscamente 15 anni prima e si rincontrano (forse per caso o forse no) nella piccola cittadina balneare dove lei si è trasferita dopo la delusione amorosa e vive con marito medico e una figlia e lui, sposato con una giornalista star del tg serale, è appena arrivato  in una lussuosa spa per un trattamento di tallossoterapia. 

Ritrosie, pentimenti, rimpianti, scuse tardive e cicatrici dell’anima per una resa dei conti affettiva (E’ così che doveva andare…) che apre spiragli a una seconda possibilità e alla consapevolezza di ciò che siamo diventati e avremmo potuto essere. 

Dopo la bellissima trilogia sociale (La legge del mercato, In guerra e Un altro mondo, tutti con lo strepitoso Vincent Lindon protagonista) Stéphane Brizé torna a raccontare una storia di complicità e disillusione ne Le occasioni dell’amore, in concorso a Venezia 80 e in zona Lelouch e Truffaut

Un incontro fuori stagione (Hors saison è il titolo originale della pellicola) è l’occasione per guardare una vita e vederne un’altra in un sofisticato melodramma della parola che sprigiona ricordi personali e rimorsi,  prese di coscienza e rivelazioni (Tuo marito sa di noi due? chiede Mathiue ad Alice. E lei: No, sa solo che quello prima di lui mi ha ridotto in mille pezzi). 

Non siamo dalle parti del fiammeggiante Une vie, il capolavoro di Brizé del 2016 dal romanzo di Guy De Maupassant, ma il nuovo film del regista francese si apparta in una zona di placide eppure dolorosissime riflessioni personali che mettono in scena le conseguenze dell’amore (per dirla alla Sorrentino) e il valore di un sentimento senza tempo. 

Inizio quasi surreale con la freddezza dell’hotel di lusso a farsi paesaggio interiore della condizione psicologica di Mathieu (divertenti i selfie richiesti dall’estetista prima del trattamento, l’incontro col coach che teorizza lo sport mistico in riva al mare  e il tentativo di farsi un caffè in camera con la macchina elettronica che non esegue i comandi) e poi ecco il lento (ri)avvicinamento di due persone che devono fare i conti con la voglia di dirsi tutto e il bisogno di proteggersi (Mi sono scavata un buco da sola, non riseco a tiare fuori quello che ho dentro confessa Alice). 

Si può vivere all’ombra di un amore senza sussulti? Quanto è forte il bisogno di essere se stessi e rischiare di mettersi in gioco? E se forse in fondo fosse tutto più banale di quel che ci immaginiamo? Con momenti emozionanti (magnifica la chimica attoriale fra i due protagonisti), sequenze programmatiche (la lunga confessione dell’amica anziana e lesbica di Alice) e un’ordinazione al ristorante che rivela attraverso metafora (il metodo Ikejime per l’uccisione dei pesci, infilzati con uno spillo che causa l’immediata morte cerebrale) come fare per non soffrire a lungo.               
 
 
 
 



In sala dal 23 dicembre distribuito da I Wonder Pictures    


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