Un inno alle capacità dell’alcol in un film sfaccettato e provocatorio (sì, il politicamente scorretto sì…) che libera anime e corpi intrappolati nell’abitudine e nel compromesso. Presentato a Cannes e all’ultima Festa del cinema di Roma, Un altro giro di Thomas Vinterberg arriva finalmente in sala sull’onda dell’Oscar appena vinto come miglior film internazionale dopo aver trionfato agli European Film Awards (4 premi per film, regia, attore e sceneggiatura).
Aperto da una citazione di Kierkegaard (La giovinezza? Un sogno. L’amore? Il contenuto del sogno) l’ultimo e magnifico lavoro del regista danese parte dalla teoria dello psicologo norvegese Finn Skarderud (l’uomo nasce con una carenza di alcol nel sangue dello 0,05%) per metterne in scena la veridicità attraverso le vicende di quattro docenti di scuola superiore disillusi e demotivati dalla routine della vita quotidiana.
Tra classi disattente e svogliate, famiglie sull’orlo di una crisi di nervi, solitudini abissali e rimpianti crescenti, Martin (Mads Mikkelsen), Tommy (Thomas Bo Larsen), Nicolaj (Magnus Millang) e Peter (Lars Ranthe) decidono di sperimentare su se stessi il pericoloso assunto nel tentativo di riconquistare autostima e brillantezza emotiva.
E mentre la preside della scuola promette tolleranza zero contro gli studenti che alzano il gomito, quel quartetto di insoddisfatti in cerca di riscatto prende a modello la lezione di Hemingway (non si beve dopo le 20 e nei week end) ed inizia un viaggio sperimentale a tasso etilico maggiorato, alla ricerca degli effetti psicologi e verbo-motori in campo professionale e sociale.
Con esiti imprevedibili che spaziano dal sorriso ritrovato alla tragedia in un film disinibito e originale alla ricerca della purificazione totale. Con quel professore di storia (lo straordinario Mikkelsen) capace di portare la classe dalla sua parte a colpi di esempi imprevedibili (da antologia la lezione sui candidati alle elezioni) che dimostrano che il mondo non è mai come si immagina, mentre gli altri colleghi mietono successi (il bambino occhialuto che segna un goal nella squadra di calcio, il canto finalmente intonato di In Danimarca sono nato) per spirito di emulazione.
Perché osare è perdere momentaneamente l’equilibrio ma non osare è perdere se stessi e allora questo imperdibile Un altro giro diventa un film sul conoscersi e riconoscersi, quasi un percorso terapeutico nel nome dell’accettazione della propria fallibilità. Con Vinterberg, assecondato da un cast di attori superlativi, che strappa lacrime e risate (la pesca del merluzzo fresco) tra amare confessioni e sfilate di politici ubriachi, bottiglie nascoste in palestra e creatività artistica sempre in bilico tra sobrietà e ubriachezza.
Senza mai nascondere gli abusi e gli eccessi (l’alcol rende vivi ma può anche uccidere) e scrivendo su quell’indimenticabile e sfrenato ballo finale il manifesto di una libertà riconquistata e del piacere della vita. Un bicchiere ci salverà. Alla larga puritani e moralisti.
In sala dal 20 maggio distribuito da Medusa e Movies Inspired