Come si sopravvive al dolore per la morte di un figlio? E se il dramma avviene subito dopo il parto? In un dramma umano di rara intensità, seppur macchiato da metafore di lana grossa, prova a raccontarlo Kornél Mundruczó in Pieces of a woman che all’ultima Mostra del cinema di Venezia è valso la meritata Coppa Volpi come miglior attrice protagonista alla superlativa Vanessa Kirby.
In un lunghissimo piano sequenza di 23’ si consuma il dramma di una coppia del Massachusetts. Lei ha deciso di partorire a casa ma qualcosa andrà storto e quella bambina appena nata e abbracciata morirà qualche minuto più tardi. Inizia da qui una vera e propria lotta interiore di una donna frantumata e costretta a combattere non solo coi propri fantasmi interiori ma con l’immagine che la famiglia e il marito hanno costruito per e su di lei.
Con un marito ex alcolista che costruisce ponti (Shia LaBeouf) e una madre tiranna (Ellen Burstyn) che vogliono il processo contro l’ostetrica responsabile (Molly Parker) mentre Martha intende donare il corpicino della piccola alla scienza per la ricerca nel tentativo di rimuovere persino l’esistenza di quella creatura.
Scandito dai mesi che passano e dalla lenta trasformazione della sua magnifica protagonista (si vedano le lunghe camminate che testimoniano le diverse psicologie della donna) Pieces of a woman- primo lungometraggio in lingua inglese girato dal regista ungherese- riflette una storia vera nella scrittura emozionale di Kata Wéber, la compagna di Mundruczó.
Tra pranzi di famiglia e dettagli decisivi (l’incisione errata del nome del piccolo cadavere sulla lapide), sesso forzato e rullini rivelatori, rimpianti (magnifica la sequenza in terrazza tra LaBeouf e Sarah Snook nei panni dell’avvocatessa che dovrebbe difendere la moglie) e risonanze affettive, il film- prodotto da Martin Scorsese- colpisce al cuore ed emoziona in molte sequenze (da applausi a scena aperta il monologo della madre sull’attaccamento alla vita) alle quali fanno però da controcanto un compiacimento estetico come specchio dell’anima (neve, ghiaccio, nebbia) e un simbolismo così carico (i semi delle mele che germogliano, lo spiegone sul crollo del ponte di Tacoma) che finiscono per appesantire inutilmente una materia già di per se incandescente.
La differenza di età tra le attrici che nel film sono madre e figlia (la Kirby ha 32 anni, la Burstyn 88) e quel finale un po’ accomodante e posticcio non aiutano a fare di questo Pieces of a woman un film pienamente riuscito. Ma la prova della Kirby, sguardo assente e voglia di ribellione implosa, merita da sola la visione.
In programmazione su Netflix dal 7 gennaio