Manterranno la promessa del “servizio completo”? Il regista Massimo Romeo Piparo (Foto n. 2) assicura che le attese non saranno tradite. The Full Monty (servizio completo, appunto) arriva dal 30 gennaio al teatro Sistina di Roma, primo adattamento italiano del musical (2000) e del più celebre omonimo film del 1997. “Non useremo espedienti come il ‘buio’ – dice il regista che firma anche la versione italiana- e lo strip sarà integrale anche se lo spettacolo è assolutamente per tutti”. Palpabile l’imbarazzo degli interpreti, a cominciare da Pietro Sermonti che racconta come all’età di 8 anni sia stato traumatizzato “da una maestra che mi ha detto che non sapevo cantare, relegandomi in fondo al coro della scuola. Qui ballo e canto, e non così male”.
Nel ruolo che nel film è di Robert Carlyle, Sermonti diventa Giorgio Lucariello romano trasferito a Torino, ex capo officina, separato con un figlio sedicenne (l’attore Jacopo Sarno) del quale cerca di mantenere la potestà e riconquistare il rispetto. “Così gli viene in mente lo spogliarello, un modo per guadagnare tanti soldi in poco tempo” mettendo in gioco anche quella dignità che la mancanza di lavoro gli ha tolto da un pezzo “e c’è una frase che Lucariello dice ai suoi compagni prima di andare in scena e che riassume tutto, disperazione e coraggio ‘Signori si vive una volta sola, andiamo a farci prendere in giro da tutti’ ”.
Trasportato dalla cittadina di Sheffield, dove era ambientato l’omonimo film, alla capitale piemontese dell’industria italiana, The Full Monty di Piparo ha tra le file dei suoi interpreti Marco Serafini e Simone Lagrasta ‘reclutati’ a Torino lo scorso ottobre con un provino promosso attraverso i principali sindacati. Unico requisito richiesto: essere disoccupati da almeno 24 mesi. “Volevo almeno un esponente autentico di questo mondo che mi accingevo a raccontare,- dice il regista- poi alla fine sono stati due. Di Simone mi ha colpito la sua bravura nel ballo coltivata guardando i video di Michael Jackson. In Marco ho visto invece la parte umana, non sapeva fare niente ma era terreno da esplorare”.
“Se è un sogno non svegliatemi- dice Lagrasta torinese di 24 anni ex falegname – non potrei tornare ad essere un disoccupato”. Nel musical è Tony Giordano detto Buddy, stripper professionista, proprietario di un locale e ispiratore della performance dei sei spogliarellisti improvvisati. Marco Serafini (Daniele Palladino il suo personaggio) è anche lui torinese “il mio ultimo lavoro era il rappresentante, un calvario quasi stavo meglio da disoccupato. Ho fatto questo provino con lo stesso spirito con il quale avrei potuto affrontare un colloquio per operatore ecologico, quando a 38 anni non hai lavoro non stai tanto a guardare cosa ti va bene e cosa no. Il momento peggiore era il lunedì, per gli altri inizia la settimana lavorativa e tu stai a casa”.
Ma non si sarebbe potuto spogliare per soldi confessa, non senza la maschera dell’attore. “So che molti miei conoscenti per arrotondare fanno gli spogliarellisti, quelli veri. Ma io non sono più un ragazzino e mi troverei in imbarazzo”. Imbarazzo che non sfiora Paolo Ruffini che anzi si propone scherzosamente per esibizioni a domicilio e neppure Sergio Muniz, immaginiamo, forte della sua forma fisica. “Sono Cavajo (detto) un cubano immigrato che per primo subirà gli effetti della crisi perdendo il lavoro da operaio”. “Per me il ruolo di Aldo Parisi – dice Paolo Calabresi attore che condivide con Sermonti il successo televisivo di Boris- perdo anche io il lavoro ma non ho il coraggio di dirlo a mia moglie”, e poi Gianni Fantoni nel il ruolo di Daniele il migliore amico di Lucariello.
Questi i magnifici 6 che in omaggio all’ambientazione tutta italiana (come tiene a sottolineare il regista) “vestiranno, o meglio svestiranno, la tuta blu e l’elmetto giallo invece della divisa da poliziotto che si vede nel film”.
Coreografie di Bill Goodson che curava le esibizioni dei California Dream Men e hit famosissime come colonna sonora fanno da cornice ad uno spettacolo ironico e amaro che racconta con leggerezza ma senza superficialità una classe operaia che non va più in Paradiso ma sulle tavole di un palcoscenico. Per reinventarsi. A qualsiasi età e da qualunque vita si viene.