Dalla Sicilia a Siena in cerca della “città ideale”. Che si trova persino e diventa la cornice mentre un (troppo) appassionato ecologista si cerca il suo appartamento e pensa di potervi vivere senza acqua né luce. Almeno finché nella solita notte buia e tempestosa non accade praticamente di tutto e tutto cambia.
Ecco il nuovo Luigi Lo Cascio, dalla Sicilia a Siena in cerca de La Città Ideale. Come recita il titolo del suo primo lungometraggio selezionato per la prestigiosa Settimana della Critica della prossima Mostra veneziana, di fatto una parabola straniata sull’Italia contemporanea, anzi sul mondo contemporaneo, che tenta di svilupparsi come indagine sul rapporto tra etica e diritto, verità individuale e regole perverse di convivenza.
Nel senso che, come spiega Francesco Di Pace, “il protagonista, lo stesso Lo Cascio, convinto e ortodosso assertore di comportamenti socialmente utili ed ecologicamente sostenibili, potrebbe a prima vista sembrare un individuo sopra le righe, un eccentrico cittadino modello, che combatte solitariamente l’uso sconsiderato di fonti energetiche, il malcostume di chi sporca quotidianamente gli spazi pubblici e l’inciviltà di chi sul luogo di lavoro non rispetta regole elementari. Ma le conseguenze giudiziarie che stravolgeranno la sua esistenza dimessa e alternativa ai modelli dominanti dimostreranno piuttosto come la sua piccola crociata ecologista non è altro che il lato più visibile e forse più scoperto di un’onestà intellettuale “a rischio” in un sistema compromesso, in cui domina la regola del sospetto, si insinuano latenti e sinistre tentazioni inquisitorie, si smarrisce il confine tra diritto e ragione, accusa e difesa, civiltà e abuso, informazione e disinformazione”.
Mentre aspettiamo curiosi questo Lo Cascio doc, scelto dai giurati della Sic colpiti dalla scrittura densa, dallo stile di ripresa e di montaggio e dalla prova degli attori, (da Luigi Maria Burruano a Massimo Foschi, da Alfonso Santagata a Aida Burruano, da Roberto Herliztka allo stesso Lo Cascio) la Sic si presenta , offrendo film dalla Cina, dalla Svezia, dalla Turchia, dal Belgio, dalla Romania e dal Messico e annunciando l’apertura con Water, importante progetto dell’Università di Tel Aviv, film collettivo, girato e interpretato da registi e attori israeliani e palestinesi, praticamente un collage di 7 cortometraggi legati al tema dell’ acqua. Non un tema qualsiasi in quei territori in cui assume una valenza più che simbolica, drammaticamente reale e legata ai temi del conflitto.
Poi vedremo il turco Muffa di Aly Aidın Küf, protagonista un anziano guardiano di ferrovia in un villaggio che aspetta da 18 anni notizie del figlio scomparso durante una manifestazione; il cinese Xiao He (Lotus), storia di una giovane insegnante di un paese nel nord della Cina costretta a lasciare il proprio lavoro incompatibile con le sue idee progressiste; l’opera prima del belga Tom Heene, Welcome Home (Benvenuta a Casa), intreccio di tre incontri, tre uomini, nella giornata di Lila, la cui ricerca di identità è simbolicamente quella di un intero continente; il rumeno O luna in Thailandia (Un mese in Thailandia)” di Paul Negoescu, un film che guarda volutamente a certo cinema francese di ronde sentimentale.
E ancora, la crisi economica raccontata trasversalmente dallo svedese Äta sova dö (Mangia dormi muori)” della regista Gabriela Pichler; mentre dal Messico arriva l’ultimo film al femminile di questa selezione, No quiero dormir sola (Non voglio dormir sola), di Natalia Beristai. Chiusura “eccentrica” con Kiss of the Damned (Il bacio dei dannati), esordio in salsa fantasy di una figlia d’arte, Xan Cassavetes, variazione del vampire movie con eroticissima storia di due sorelle vampire nel Connecticut.
Insomma ben quattro degli otto registi esordienti (il nono titolo è un film collettivo) sono donne e, assicurano i selezionatori, non è un caso. Ma neppure,dopo le polemiche dello scorso anno legate alla scarsa presenza femminile in competizione una scelta opportunistica (e ci mancherebbe pure!).
“Il punto è che il cinema resta linguaggio universale che non può conoscere limitazioni legate al genere. Naturalmente le possibilità reali di un cinema al femminile variano di paese in paese, ma stupisce positivamente che sempre più da quelle culture e da quelle aree dove la condizione femminile è più drammatica, provengano esempi di ribellione artistica che danno vita a film spesso coraggiosi, innovativi, soprattutto quando non imbrigliati in esigenze più programmatiche o didattiche”.
Dunque aspettiamo il meglio!