Il fascino e l’eleganza di Virna Lisi, campeggiano sul manifesto della decima edizione della Festa del cinema di Roma in programma dal 16 al 24 ottobre. Il volto dell’attrice romana e internazionale- scomparsa lo scorso anno e alla quale la manifestazione dedicherà un tributo che culminerà l’8 novembre con l’assegnazione del premio alla miglior attrice italiana dell’anno- è il simbolo di questa rinnovata edizione, la prima guidata dal Direttore artistico, Antonio Monda con Piera Detassis come Presidente della Fondazione Cinema per Roma. “Tessitura ed apertura sono le parole chiave che hanno guidato il nostro lavoro” ha detto la Detassis presentando alla stampa la Festa che conta su un budget di 3.600.000 euro “vogliamo celebrare l’audiovisivo e andare oltre l’evento dell’Auditorium portando in giro per la città, tutto l’anno, una serie di eventi ed incontri. Partecipazione e diffusione popolare: è questo il nostro intento nel tentativo di riallacciare la memoria al presente”.
“Industria, attori, mercato e pubblico devono essere coinvolti collettivamente in un modello unico capace di diffondere l’arte e la cultura cinematografica”. Al suo primo incarico da direttore artistico, Antonio Monda dimostra di avere le idee chiare e di voler rompere col passato. “Il mio è il primo passo di un progetto triennale che mi auguro fecondo e di qualità. Aver riproposto la Festa al posto del Festival non è soltanto un mero dato lessicale. Chi verrà a Roma dovrà essere celebrato e sentirsi già vincitore senza bisogno di giurie. E’ per questo che ho voluto abolire il concorso e le giurie (rimane solo quella del pubblico che voterà il miglior film al quale andrà il premio Bnl ndr) puntando tutto sull’emozione e la condivisione dei film”. Nessuno spazio nemmeno per le madrine e sul red carpet Monda precisa. “Non deve diventare una sfilata di moda, qui ad essere predominanti saranno i film e la loro qualità artistica. Poi se i divi internazionali vorranno accompagneranno le loro opere noi ne saremo felici”.
All’insegna della “discontinuità, della varietà e della qualità”, la decima edizione della Festa del cinema, oltre ai film presentati in anteprima mondiale, europea o italiana (“Non ha senso non presentare al pubblico grandi film che sono passati già in altri Festival come Londra o Toronto” ha detto Monda) si snoderà su un formato a tre fasce di uguale importanza con le retrospettive (Antonio Pietrangeli, Pablo Larrain, la Pixar), gli incontri ravvicinati col pubblico (Jude Law, Wes Anderson e Donna Tartt, William Friedkin e Dario Argento, Joel Coen e Frances McDormand, Paolo Sorrentino, Todd Haynes- del quale si vedrà il bellissimo “Carol” passato a Cannes, Carlo Verdone e Paola Cortellesi, Renzo Piano, Riccardo Muti e Paolo Villaggio) e gli omaggi (Pasolini, Scola, i Taviani, Rosi, Sinatra, Kubrick, Bunuel, Bergman, Hitchcock-Truffaut, Franco Rossi).
Più snella rispetto al passato (i film in programma sono 37 tra lungometraggi, documentari e serie tv, quasi la metà di quelli della scorsa edizione), la nuova Festa di Roma (che durerà un giorno in meno e non disporrà della sala Santa Cecilia, la più grande dell’Auditorium, per precedenti impegni dell’Accademia nazionale di Santa Cecilia) presenta nella selezione ufficiale opere come “Freeheld” di Peter Sollett con Julianne Moore e Ellen Page (presente alla Festa) in una toccante e problematica storia d’amore omosessuale, “Legend” di Brian Helgeland con Tom Hardy, il doc. “Junun” di Paul Thomas Anderson con protagonista il chitarrista dei Radiohead in un viaggio indiano, “Experimenter” di Michael Alereyda con Peter Sarsgaard e Winona Ryder, la seconda stagione di “Fargo” che verrà trasmessa da Sky Atlantic da dicembre, “Truth” di James Vanderbilt, l’atteso film d’apertura con Robert Redford e Cate Blanchett in una storia che indaga sui rapporti tra giornalismo e politica, “Ville Marie” di Guy Edoin con una Monica Bellucci mai vista e in passerella a Roma.
Infine, uno dei film più attesi dell’anno: “The walk 3D” di Robert Zemeckis sulla storia vera del funambolo Philippe Petit (sullo schermo Joseph Gordon-Levitt) che nel 1976 camminò sospeso nel vuoto su una corda d’acciaio tesa tra le due torri del World Trade Center di New York. Per l’Italia passeranno il noir “Alaska” di Claudio Cupellini con un cupissimo Elio Germano, “Dobbiamo parlare”, la nuova commedia tagliente di e con Sergio Rubini affiancato da Fabrizio Bentivoglio, Maria Pia Calzone e Isabella Ragonese e l’opera prima di Gabriele Mainetti, “Lo chiamavano Jeeg Robot” con Claudio Santamaria e Luca Marinelli. A chiudere la nove giorni romana sarà la versione estesa de “La grande bellezza” di Paolo Sorrentino con 40’ in più rispetto alla versione uscita nelle sale.
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