“Se è vero che esiste un potere, questo potere è solo quello dello Stato, delle sue istituzioni e delle leggi. Non possiamo oltre delegare questo potere né ai prevaricatori, né ai prepotenti né ai disonesti”
(Carlo Alberto dalla Chiesa)
Canale 5 ha proposto ieri sera la prima fiction importante del suo palinsesto autunnale: la miniserie in due puntate Il generale dalla Chiesa (questa sera la seconda e ultima puntata) - diretta con grande rigore da Giorgio Capitani e prodotta da Paolo Bassetti e Massimo Del Frate per Mediavivere - già presentato in prima mondiale a luglio scorso all’interno del RomaFictionFest. Protagonista, un Giancarlo Giannini in stato di grazia nei panni del Generale. Un buon prodotto, non c’è che dire, dolente e commovente nei ricordi famigliari, anche se, forse, proprio quelle pagine, scritte da Fabrizio Bettelli ed Elia Contini con la collaborazione preziosa dei tre figli del Generale, Rita, Nando e Simona, sono quelle che stonano di più nel racconto generale. Che dalla Chiesa sia stato un marito e padre amorevole, infatti non lo mette in dubbio nessuno, ma quelle scampagnate con tutta la famiglia nei momenti di maggior tensione ci lasciano qualche dubbio. Ma è pur sempre fiction, anche se “liberamente” tratta dalla vita di Carlo Alberto dalla Chiesa; e consento agli spettatori di conoscere meglio quest’uomo della Stato che lo Stato ha lasciato solo (come tanti altri dopo di lui) a combattere le sue battaglie. E allora, ben vengano comunque film come questo, piaciuto molto anche al pubblico che ha regalato alla fiction un ottimo 27,62% di share con oltre sei milioni di italiani sintonizzati. Perché non c’è dubbio che è questa la televisione che ci piace e che amiamo.
Al centro del film c’è la figura di Carlo Alberto dalla Chiesa - partigiano, generale dei Carabinieri e Prefetto della Repubblica - nel momento culminante della sua carriera: gli anni della lotta al terrorismo e la sfortunata quanto breve esperienza di prefetto a Palermo, che gli costò la vita nel 1982.
La miniserie ha inizio nel 1974 quando il Generale viene trasferito da Palermo a Torino in occasione del rapimento del giudice Sossi a Genova. Già nell’immediato dopoguerra, dalla Chiesa aveva cominciato la sua battaglia contro le organizzazioni mafiose fino a diventare una spina nel fianco di malavitosi, ma anche di imprenditori e politici collusi. In seguito avrà un ruolo nelle indagini riguardanti il caso dell’assassinio del finanziere Enrico Mattei, altro grande giallo all’italiana destinato a rimanere insoluto grazie alle pesanti connivenze tra ambienti dell’alta finanza, mafia e servizi segreti.
La seconda puntata di questa sera, invece, riparte dalla conclusione della stagione del terrorismo: il Generale, rimasto vedovo dell’amatissima moglie Dora (interpretata da Stefania Sandrelli), viene rispedito in Sicilia a combattere contro la potentissima mafia di quegli anni. Attraverso il racconto della storia personale e pubblica dell’uomo, il film tenta di offrire uno spaccato di uno dei periodi più bui e controversi della recente storia italiana. Gli anni che vanno dal 1974 al 1982 sono infatti gli anni violenti del terrorismo rosso e nero di matrice ideologica, dell’imperialismo economico di Cosa nostra, del rapimento di Aldo Moro con tutte le relative implicazioni ancora in parte inesplorate, dello stragismo, dei servizi segreti deviati e dello scandalo della loggia massonica P2.
Accanto a Giannini e Stefania Sandrelli, poi, un cast di tutto rispetto e bene in parte: da Milena Mancini (Rita dalla Chiesa), Marco Vivio (Nando) e Chiara Mastalli (Simona), Francesca Cavallin nel ruolo di Emanuela Setti Carraro, giovanissima seconda moglie di dalla Chiesa che morirà con lui nell’attentato. E poi, tra i tanti, Lorenzo Majnoni (il capitano Maffei), Benedetta Valanzano, Alberto Angrisano, Ninni Bruschetta, Anna Ammirati, Emilio De Marchi, Giacomo Piperno, Alvaro Piccardi e Carola Stagnaro.
Ha spiegato Giancarlo Giannini: “Dalla Chiesa aveva un carattere difficile, pretendeva il massimo, odiava la burocrazia, aveva un profondo senso dello Stato. Ed era stato lasciato solo a combattere le sue battaglie”.
E secondo il figlio di dalla Chiesa, Nando, “Il ritratto della persona è abbastanza riuscito, considerato che si tratta di una fiction e non di un’opera storico-documentaria. Certo chi, come me, ha vissuto quegli episodi li ricorda con sfumature diverse ma il clima era quello mostrato nel film. Insomma, la memoria di mio padre è stata rispettata”.
Infatti, Giorgio Capitani cerca qui di dare del Generale un ritratto completo, mettendo a fuoco anche l’uomo con le sue tenerezze e il legame con la famiglia. Tra l’altro, Il Generale dalla Chiesa non è solo il ritratto di un uomo, ma anche un omaggio a tutti coloro che, come lui, ressero l’urto di anni assai difficili tenendo fermi i valori di legalità e democrazia. Una storia del nostro passato, capace di parlare al presente.