Daniele Barillà (Foto 6) è un uomo mite, lo sguardo sereno, il sorriso aperto quasi fanciullesco, disarmante. “Ho fiducia nella giustizia” dice, e la cosa sorprendente è che si è costretti a credergli. Nonostante tutto, nonostante quest’uomo oggi quarantaduenne sia stato il protagonista di un clamoroso caso di errore giudiziario per il quale ha scontato sette anni di carcere e affrontato tre gradi di giudizio prima che venisse riconosciuta la sua innocenza.
Nel 1993 una Fiat Tipo color amaranto viaggia per le strade del milanese, alla guida il giovane imprenditore Daniele Barillà. D’improvviso l’auto è circondata dai carabinieri del Ros: Barillà è trascinato fuori dalla sua macchina e arrestato con l’accusa di traffico di droga. Comincia così l’odissea giudiziaria che il regista Stefano Reali ha raccontato in L’Uomo Sbagliato fiction di Raiuno in onda questa sera e domani in prima serata.
Nei panni dell’imprenditore (con il nome di Daniele Baroni) è Beppe Fiorello nuovamente alle prese con un personaggio scomodo, al centro di una vicenda che suscita rabbia e indignazione. Tanto più visto che in questo caso i ‘cattivi’ sono proprio quelle forze dell’ordine e quella giustizia che per sua stessa definizione dovrebbe difendere gli innocenti e punire i colpevoli.
“Ma non abbiamo voluto fare un documentario – precisa il regista – solo una fiction, anche se basata su fatti reali. Ci siamo presi anche molte libertà, soprattutto nella vita privata del protagonista e riscrivendo il ruolo di alcune figure simbolo, più funzionali alla storia”.
Figure come quella del Maggiore Quinto (Alberto Molinari) che impersona tutti quelli che per errore, imperizia, leggerezza o per nascondere irregolarità procedurali, testimoniarono nei vari processi sulla colpevolezza di Barillà.
Di fantasia anche il PM Erika Schneider (Antonia Liskova) che prima sostiene l’accusa contro Baroni e poi si batte per la revisione del processo.
In realtà ad interessarsi del caso dell’imprenditore milanese fu un giornalista, Stefano Zullo che nel 1995 rilesse il caso Barillà, “ne parlai con il procuratore Borrelli – dice – e anche lui si disse convinto dell’innocenza di quest’uomo. Con una lettera alla procura di Livorno manifestò i suoi dubbi ma non venne ascoltato”.
La situazione si sblocca nel ’97 quando il capo dell’operazione che aveva portato all’arresto di Barillà, il colonnello Michele Riccio, venne arrestato per gravi irregolarità commesse durante varie indagini. Furono così riaperti molti casi e anche quello di Barillà venne revisionato da Francesca Nanni una giovane PM della Procura di Genova.
“Posso dire che molti di quella ‘mitica squadra’ (di cui faceva parte anche il capitano Ultimo n.d.r.) che mi accusarono ingiustamente oggi sono in prigione – dice Barillà – mentre io sono qui, libero finalmente. Per questo credo ancora nella giustizia e nella sua capacità di correggere anche i propri errori”.
Ma non è tutta rose e fiori la vita di Barillà: “Anche oggi ogni volta che una pattuglia mi ferma vengo perquisito e mi smontano la macchina, per loro sono ancora qualcuno che è stato dentro per droga”. Per non parlare degli enormi problemi economici che anni di carcere e il lunghissimo iter giudiziario hanno causato. La Corte d’Appello di Genova ha infatti condannato lo Stato ad un mega risarcimento (4 milioni di euro) per gli anni che Barillà ha ingiustamente passato in prigione, ma i soldi tardano ad arrivare.
Barillà, nei lunghi anni passati in prigione è venuto a conoscenza di altri casi simili al suo?
“Tanti, e potrei fare anche i nomi ma sarebbe una mancanza di rispetto. Il vero male è questo maledetto patteggiamento. Molti, anche se innocenti, accettano pur di tornare alle loro case e poter riabbracciare i propri cari. Io potevo uscire dopo 6 mesi ma non ho patteggiato perché ero sicuro di poter dimostrare la mia innocenza. Spero con questo film di poter aiutare quelli che hanno subito la mia stessa ingiustizia”.
La ‘mitica squadra’…..
"Già! Di loro faceva parte anche il capitano Ultimo. Seguì la macchina sbagliata, al processo fu uno dei miei accusatori e la sua testimonianza risultò determinante. Quando ho incontrato Stefano Reali gli ho detto che il suo film su Ultimo ha probabilmente allungato la mia detenzione: chi poteva credere che un tale eroe avesse commesso un così grave errore?”
Sette anni di carcere, 24 prigioni diverse. Come si può sopravvivere a tanto sapendosi innocente?
“Fiducia nella giustizia e nella forza della verità. Come ha detto Zullo, l’innocenza lascia tracce proprio come la colpevolezza! Ma è stata una prova dura, un carcere ha le sue regole che bisogna imparare. Gli stupratori e chi violenta o uccide i bambini, beh quelli non hanno vita facile. Io ho trovato solidarietà e sostegno morale anche se ero un rompiscatole”.
Cioè?
“Giravo con in mano i verbali dei miei processi e dicevo a tutti che ero innocente. Qui siamo tutti innocenti – mi rispondevano – mica solo tu. Ho capito che ognuno ha i suoi guai. Lì dentro non contano le istituzioni ma l’umanità, e i detenuti sono uomini. Quando mi hanno scarcerato, dopo venti giorni avrei voluto tornare dentro, ormai era quella la mia casa”.
Si sa di tante violenze all’interno dei carceri...
“Ho visto dei pestaggi, quanto all’omosessualità non posso dire di essermene accorto. Fortunatamente io non ho subito queste violenze”.
Prodotta da Alessandro Jacchia e Maurizio Momi, L’Uomo Sbagliato ha tra i suoi altri interpreti Andrea Tidona (Antonio Baroni), Luigi Petrucci (Maresciallo Emiliani), Pietro Genuardi (Marcello), e la partecipazione di Emilio Bonucci, Gaetano Amato, Lucia Sardo e Franco Trevisi.