Alla ricerca del senso del dolore. Di quello che significa trovarsi, nel giro di una notte, senza più nulla: macerie al posto della tua casa, macerie sui tuoi cari, macerie sui tuoi ricordi, macerie al posto di tutto il tuo mondo.
Siamo a
L’Aquila nel
2010 e
Silvia, che ha il volto bello e carico di dolore di
Donatella Finocchiaro, prova ad andare oltre questo dolore, a ricostruire il suo cuore e le sue relazioni insieme alla realtà che si può toccare, quella contro cui le tocca sbattere ogni giorno.
La vedrete da martedì nella serie L’Aquila Grandi Speranze, creata da Stefano Grasso e diretta da Marco Risi, in onda su Raiuno, affiancata da un corposo cast, da Giorgio Marchesi a Luca Barbareschi, da Giorgio Tirabassi a Valentina Lodovini.
E se Marco Risi confessa che tutto è partito “da un’idea che mi ha conquistato, quella degli adolescenti che scorrazzano nella città proibita, nella zona chiusa e pericolosa, cercando di riappropriarsene alla loro maniera, augurandosi addirittura che rimanga così perché solo così può essere esclusivamente loro. E poi mi sono piaciuti gli adulti che cercano di rimettere in piedi i pezzi delle loro coscienze e non soltanto i pezzi della loro città. Mi piacciono i piani che corrono paralleli delle due dimensioni: da una parte gli adulti con i loro guai,dall’altra i loro figli che quegli stessi guai vivono di riflesso ma che si gettano nell’avventura di crescere in una situazione assolutamente unica”, per Donatella la ricerca è stata quella del dolore e dell’eroismo che da lì viene fuori.
“Ho incontrato tante persone nei mesi che siamo stati qui all’Aquila. La mia vera preparazione è stata sentire loro, sentire il loro dolore. Ho parlato con moltissime persone per quasi due anni. Non è stato difficile prepararsi: ho portato in scena quello che ho sentito senza filtri” dice la Finocchiaro.
E senza filtri è anche la donna che interpreta, che sotto le macerie ha perso una figlia ma non vuole arrendersi?
“Il mio personaggio è come la città, come L’Aquila. Non vuole arrendersi, vuole continuare a combattere anche contro ogni evidenza, contro i magistrati che vogliono archiviare il caso della scomparsa, contro il marito che vuole rassegnarsi. Lei non si arrende, come molti aquilani”.
Quindi racconta l’elaborazione di un lutto?“Sì a modo suo perché lei non vuol rassegnarsi e anche mio marito, che è uno psichiatra, non riesce a fare un gran lavoro su di lui. L’elaborazione del lutto di questa donna riguarda un po’ tutti gli aquilani perché tutti hanno perso quella notte qualcosa”.
Da dove partirà martedì questa serie?“Da un anno e mezzo dopo la notte del 6 aprile 2009, la città è un cumulo di macerie e l’accesso al centro storico è vietato. Ma Simone, Davide e i loro amici hanno tredici anni e nella zona rossa hanno creato il loro regno e la fantasia li aiuta, anche perché l’amicizia tiene lontana la paura. La donna che interpreto, Silvia, cerca di affrontare la sparizione della figlia più piccola avvenuta la notte del terremoto e la sospensione delle ricerche apre una crisi ancora più profonda tra lei e il marito. E poi c’è una grande manifestazione di protesta organizzata quando un costruttore romano si presenta in città con un’idea ambiziosa per la ricostruzione”.
Che cosa vorrebbe che fosse questa fiction?“
Per me questo non è solo un film, non è solo una fiction, è un momento importante del ricordo, un passo per dare agli aquilani una nuova speranza, per incoraggiarli ad andare avanti. E un invito a tutti a non dimenticare”.