Corpi intrappolati in un letto e spiriti in libertà. Alla sua seconda prova da regista dopo Ride (2018), Valerio Mastandrea alza il tiro con Nonostante, passato all’ultima Mostra del cinema di Venezia come film d’apertura della sezione Orizzonti e dedicato alla memoria del padre Alberto scomparso nel 2004.
E sì perché il nuovo film del regista romano (qui anche attore e produttore) è un’opera intima e personale che trasforma il titolo da avverbio a sostantivo. Scritto con Enrico Audenino e tagliato di qualche minuto rispetto alla copia veneziana (anche il finale è stato cambiato), Nonostante inizia davanti ad una camera mortuaria con due uomini (Mastandrea e Lino Musella) e una donna (Laura Morante) che assistono invisibili ai pianti e al dolore di chi deve salutare i propri cari.
Sono parte di una compagnia irrequieta di anime sospese tra la vita e la morte, e che escono dai propri corpi in coma per vedere l’effetto che fa la fuori.
Tra i corridoi dell’ospedale (ma c’è anche una gita in pullman e una corsa verso il mare) e tra una visita e l’altra bisogna anche ripararsi dalle raffiche di vento che trasportano verso la morte (bella idea). Ma forse c’è anche spazio per l’amore se è vero che l’abitudinario e remissivo protagonista vede negli occhi e nello sguardo dell’ultima arrivata (l’argentina Dolores Fonzi) la possibilità si sfuggire a tanta sofferenza e a non rassegnarsi alla fine.
Stanze da lasciare e salti impossibili, mogli in visita (cameo di Barbara Ronchi) e terapie musicali (Giorgio Montanini volontario canterino che riesce a vedere e a parlare con le anime dei comatosi), trattamenti di bellezza (con la Morante che vede se stessa bloccata nel letto impotente e non accetta il nuovo taglio di capelli dell’infermiera), miracoli e paure (Nessuno vuole andarsene da solo) in un film metafisico e ambizioso che lavora in sottrazione e vive di attese e sospensioni.
Verso una rinascita, fisica e spirituale, che faccia del ricordo di quell’esperienza (possibile?) la propria bandiera. Con Mastandrea che dopo La linea verticale (la bella serie televisiva del 2018 diretta da Mattia Torre) torna negli interni di un ospedale.
Stavolta in un limbo sentimentale e surreale di convincente resa visiva e attoriale che rifugge dal pietismo e regala sorprese ed emozioni nonostante il tono un po’ dimesso.
Lode alla colonna sonora firmata dall’islandese Toti Gudnason con inserti di repertorio che spaziano dai T.Rex (Cosmic dancer) a De Crescenzo (Manchi tu, magnifica) e a Noi non ci saremo dei C.S.I. Non di sola commedia si vive.
In sala dal 27 marzo distribuito da Bim