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lunedì 9 ottobre 2023
di Claudio Fontanini
L’ultima volta che siamo stati bambini
L’esordio alla regia di Claudio Bisio ambientato nella Roma del ’43
Un’amicizia infantile nata nella Roma sotto le bombe del ’43, un romanzo di formazione a metà tra documento storico e favola, un esordio dietro la macchina da presa di uno dei nostri attori più popolari. 

Tratto dall’omonimo libro di Fabio Bartolomei (edizioni e/o), L’ultima volta che siamo stati bambini (titolo bellissimo e struggente) è il primo lungometraggio firmato da Claudio Bisio che per l’occasione fa un passo indietro (per lui solo un divertente cameo in divisa con un forza Milan fatto pronunciare al figlio) lasciando opportunamente la scena ai quattro bravissimi ragazzini protagonisti del film. 

Italo (Vincenzo Sebastiani), il ricco e incompreso figlio del Federale, Cosimo (Alessio Di Domenicantonio), papà al confino e fame atavica, Vanda (Carlotta de Leonardis) orfana e credente e Riccardo (Lorenzo Mc Govern Zaini) di famiglia agiata ebrea, giocano alla guerra tra riunioni in cortile, fucili di legno e colpi di fionda verso gli aerei nemici. Fino al rastrellamento del ghetto del 16 ottobre che dividerà quell’affiatato quartetto portando Riccardo ed altre 1000 persone verso mete sconosciute. 

Ma c’è da onorare un patto di sangue anzi… di sputo (perché tagliarsi il palmo della mano con un coltello fa troppa paura) ed ecco allora quei tre ragazzini mettersi in marcia verso l’amico deportato seguendo la via delle rotaie di un treno. 

Un viaggio nell’Italia lacerata dalla guerra doppiato da una coppia di adulti (lei, Marianna Fontana, suora dell’orfanotrofio dove vive Vanda, lui (Federico Cesari) fratello di Italo ed eroe di guerra fascista. 

Tra segnali divini e galline rubate, nascondigli e divise da balilla sommozzatore, tende da montare e mostri notturni) il film di Bisio è un on the road tenero e malinconico che lascia la violenza fuori campo e miscela in giuste dosi dramma e commedia. Certo, il tutto è sin troppo didascalico e prevedibile (impossibile non pensare a La vita è bella, Il bambino con il pigiama a righe ma anche a Stand by me) con un andamento più televisivo che cinematografico ma il merito del film è quello di parlare ai giovanissimi. 

Con l’intento di una staffetta della memoria, civile e cinematografica, quanto mai necessaria in questi tempi liquidi e tecnologici. Perché, come esclama il piccolo Cosimo nascosto sul treno agli altri due amici che viaggiano con lui la cosa più bella della vita è libertà.     


In sala dal 12 ottobre distribuito da Medusa     


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