Cinque sorelle, una palazzina all’ultimo piano della periferia di Palermo, il tempo che passa e un senso di colpa collettivo che stempera nella memoria. Ci sono film così densi e carichi di emotività che ti prendono alla gola dalla prima immagine e non ti lasciano più. Le sorelle Macaluso di Emma Dante, ultimo film italiano in concorso alla Mostra del cinema di Venezia, è uno di questi e dopo l’ottimo Via Castellana Bandiera presentato al Lido nel 2013 conferma il talento espressivo cinematografico dell’originale drammaturga siciliana.
Tratta dall’omonima pièce teatrale del 2014 (Premio Ubu per miglior regia e spettacolo) l’opera seconda di Emma Dante è una magnifica partitura sentimentale che evoca e strazia attraverso un uso narrativo di testi letterari (Fallaci, Olcese e il Dostoevskij dei Fratelli Karamazov) e brani musicali (Sognare, sognare di Gerardina Trovato, la Nannini di Meravigliosa creatura e Inverno di Battiato), di grande efficacia.
Ed ecco tre atti, tre momenti di vita collettiva e privata fotografati nel loro farsi vita reale e autentica con la morte ad accompagnare ogni quadro. L’infanzia, l’età adulta e la vecchiaia di Maria, Pinuccia, Lia, Katia e Antonella (ad interpretarle sono 12 attrici diverse perché più che la somiglianza e il trucco pesante contano qui i gesti immutabili negli anni e i cambiamenti interiori imposti dal corso della vita) sono immerse in una casa che ne riflette umori e ambizioni e che conserverà negli anni (almeno fino al suo svuotamento) l’anima di quella sorellanza.
Coi genitori che non appaiono mai e quelle ragazzine così diverse e in fondo così uguali a farsi fronte comune. Un po’ come nella Famiglia di Scola la casa, nel film di Emma Dante (scritto con Elena Stancarelli e Giorgio Vasta) sembra possedere un proprio sguardo che riflette verso lo spettatore segreti e ricordi. E una colombaia in soffitta che si fa metafora di nascite e ritorni allo stesso luogo in un andirivieni di situazioni e drammi mentre il tempo deforma e manipola i corpi.
C’è chi sogna di fare la ballerina e finirà per vivisezionare cadaveri di animali, chi ama i libri e nelle pagine trova la cura alla propria solitudine, c’è chi fugge da quel nido-prigione per costruirsi (o provare a farlo) una propria vita e chi si autoreclude sfogando verso le sorelle rabbia e fristrazioni.
Tra bambole e rossetti, brindisi alla vita e vassoi di mignon, baci proibiti in un’arena cinematografica deserta e piatti da riattaccare, Le sorelle Macaluso è un film di rara urgenza poetica che fa della vitalità solare (la meravigliosa parte dedicata all’infanzia) e della resa dei conti affettiva dell’età adulta un sentimento più che una narrazione.
Un film sul tempo ma anche sullo spazio e sui corpi. Con i luoghi del cuore della regista (Il Charleston, la spiaggia di Mondello che oggi ha cambiato nome e sarà teatro della tragedia che segnerà la vita delle sorelle), i dettagli rivelatori (quella maniglia della finestra che nessuno si decide ad aggiustare) e gli ambienti, gli umori e i sapori che si fanno clima di relazioni immutabili nonostante gli eventi.
In gara di bravura le attrici (con nota di merito per Laura Giordani nei panni di Katia adulta), capaci di dare anima e spessore a personaggi in bilico sulla vita e destinati a restare per molto tempo nella pelle e nel cuore dello spettatore. Da non perdere.
In sala dal 10 settembre distribuito da Teodora