Macchine da corsa e sogni di gloria, assi del volante e demoni personali. Dopo Rush di Ron Howard arriva questo Le Mans ’66-La grande sfida a suggellare la forza visiva dell’automobilismo al cinema. Diretto con mano sicura e stile classico da James Mangold (Quando l’amore brucia, Logan- The Wolverine), il film racconta la vicenda reale e leggendaria della gara che vide trionfare per la prima volta una Ford dopo l’egemonia Ferrari durata cinque anni.
Storia di un gruppo di uomini anticonvenzionali e di un’amicizia che cambiò per sempre il mondo delle corse automobilistiche (la Ford GT40 MKII rimane a tutt’oggi l’unica auto americana ad aver vinto Le Mans), il film di Mangold emoziona e coinvolge non solo gli appassionati delle quattro ruote (magnifiche e realistiche le sequenze in pista con gli ultimi 40’ dedicati in prevalenza alla gara).
Per la prima volta insieme sul grande schermo, Matt Damon e Christian Bale fanno scintille nei ruoli di un intrepido pilota texano al quale, dopo la vittoria a Le Mans nel ’59, venne diagnosticata una grave patologia cardiaca che gli impedì di continuare a correre e di un irascibile collaudatore inglese in bolletta e devoto padre di famiglia che si dimostrò un pilota vincente e poco incline al compromesso aziendale.
Con la Ford Motor Company, un tempo leader dell’industria automobilistica, che arranca nelle vendite alle spalle del rivale americano General Motors e per cercare maggiore attrattiva agli occhi dei consumatori focalizza la propria attenzione sul reparto velocità. Prima cercando di acquisire il marchio italiano (nei panni di Enzo Ferrari c’è Remo Girone) e poi mettendo su un team capace di puntare al successo sul difficilissimo circuito francese. E intanto il panorama americano lascia l’ottimismo del dopoguerra per il cinismo affaristico con gli sponsor e che tentano di soffocare il talento e la professionalità anche se la velocità e le vittorie non si comprano.
Tra giri perfetti e percezione del limite, cronometri rubati e improbabili collaudi, estetica (Se fosse un concorso di bellezza avremmo già perso…dice Matt Damon vedendo la fiammante Ferrari al via) e riunioni aziendali (Perché Bond non guida un Ford? E’ un debosciato…), Le Mans ’66 è anche una storia di valori sportivi da tramandare (bellissimo il rapporto di Bale col figlio che vuole seguire le sue orme), di istinti insopprimibili, di corpi e di spazi in cui perdersi (A 7000 giri al minuto c’è un momento in cui tutto svanisce e la macchina diventa senza peso, scompare).
Ma il grande merito del film di Mangold, oltre a quello di trasportarci letteralmente dentro quei bolidi, sta nel tratteggiare al meglio il dietro le quinte, le scelte e le metodologie di uomini non sempre moralmente esemplari mettendoli a confronto con la pura passione e la rivalità sportiva di due uomini disposti a tutto pur di vedere di fronte la bandiera a scacchi del vincitore. Perché ascoltare il rombo di un motore può significare persino rinascere.
In sala dal 14 novembre distribuito da 20th Century Fox