Una giacca contrassegnata da tanti post-it colorati pieni di dolori, sogni, ricordi e speranze. A Paolo Rossi basta indossarla in scena per diventare un moderno e sulfureo Arlecchino senza maschera capace di guizzare rapido tra suggestioni e visioni, aneddoti e racconti surreali. All’Ambra Jovinelli fino al 16 novembre, il comico milanese dà vita ad una girandola di situazioni da commedia dell’arte che regalano sorrisi e riflessioni sul nostro tempo. Un vero e proprio recital in work in progress che fa dell’improvvisazione organizzata la sua bandiera stilistica.
Monologhi da stand-up adattati al saltimbanco (seguendo il vecchio consiglio di Strehler che anni fa lo spinse al confronto con Arlecchino), illuminazioni ed omaggi (toccante quello ad Enzo Jannacci), barzellette e canzoni (in scena con Rossi i I virtuosi del Carso dell’eccentrico maestro Emanuele Dell’Aquila nelle vesti di spalla musicista) in un saggio i teatro popolare che rievoca atmosfere lontane e voglia di partecipazione. Nella triplice veste di attore- personaggio- persona, Rossi attinge dal proprio vasto repertorio riesumando vecchi pezzi (alcuni attualizzati) e aggiungendone di nuovi.
Ed ecco in successione autobombe acquistate in promozione e autostrade paradisiache, apostoli in cerca di droga e lapidi tutte da ridere (su quella di Walter Chiari c’è scritto ‘tranquilli è solo sonno arretrato…’), poliziotti assassini dentro palle di vetro (inevitabile il rimando alla morte di Stefano Cucchi) e vecchi ideali traditi (“Renzi? E’ un democristiano di sinistra, e se fosse il figlio illegittimo di Mike Bongiorno”), vuoti di memoria e teatro dell’assurdo, rivisitazioni collettive di classici della musica leggera (I giardini di marzo di Battisti), irresistibili disintossicazioni e coming out politici (“Sarei ancora di sinistra se solo sapessi dove mettermi…”).
Come in una prova aperta al pubblico, lo spettacolo di Rossi sorprende e diverte, sveglia coscienze assopite e invita all’interazione, capovolge assunti e sberleffa potenti in un viaggio umano ed artistico che mette al centro della scena l’importanza della parola e della comunicazione in un confronto antico-moderno che vede trionfare l’oralità sulla tecnologica. Doppio bis (in scaletta…) e applausi scroscianti. Da non perdere. |