I dettagli fanno sempre la differenza. Al cinema e nella vita. Ce lo ricorda il giornalista e critico Franco Pecori che in Dicevamo cioè (Ricognizioni tra narrare e comprendere) mette nero su bianco una vera e propria grammatica del sociale ricca di suoni e apparizioni, malinconici ricordi ed improvvisazioni jazz, fulminanti apparizioni e paesaggi epifanici. Laureato in estetica, ex insegnante, musicista e poeta, Pecori traduce assai bene sulla pagina quella preziosa interdisciplinarietà soppiantata dal mostro tecnico che regola le nostre esistenze fittizie. Una virgola (messa al posto giusto, s’intende) ci salverà, sembra sussurrare Pecori nel suo viaggio letterario ricco di incontri, aneddoti e racconti.
Si comincia da un banco di quarta elementare del 1950 per addentarsi in una sintassi di storie mai lineari che tra colazioni con la Befana e fantasiose radiocronache, clown urlanti e semafori incantati, illusioni di pensieri liberi e sentimenti di sopravvivenza, concerti di Miles Davis e sogliole bollite, congiunzioni ed avverbi, lettere al giornale e mobili svedesi, ripercorre con slancio e in coraggiosa controtendenza, la storia di un uomo costretto a fare i conti con la volgarità imperante. Usi ed abusi si confondono così in un personale viaggio alla ricerca del senso perduto. Delle cose, dei rapporti e delle regole.
Malinconico, caustico e riflessivo, il libro di Pecori passa in rassegna parole ed immagini d’uso comune in una salutare ‘rilettura’ che distingue tra segno, senso e significato; forma e contenuti. Con un bellissimo capitolo sull’uso del cinema nelle scuole e sulla distinzione tra arte e artificialità delle comunicazioni di massa che dovrebbe essere studiato e mandato a memoria da chi ancora discrimina tra materie ‘leggere’ e ‘pesanti’. Il volume (166 pagine,18 euro) è in vendita nelle librerie Feltrinelli accedendo al sito ilmiolibro.it