Lo avevamo lasciato crivellato di colpi da una gang giovanile nello struggente e simbolico finale di Gran Torino (per chi scrive doveva essere la sua uscita di scena) e lo ritroviamo a sorpresa davanti alla macchina da presa in questo Di nuovo in gioco diretto dal suo partner di produzione Robert Lorenz che esordisce alla regia. Vecchio scout testardo ed orgoglioso sul viale del tramonto (negli ultimi quattro anni ha ingaggiato appena tre ragazzi), Gus Lobel è sull’orlo del licenziamento. Il suo metodo sul campo (“E’ tutta una questione di suono della palla”) e la sua esperienza stanno per essere sostituiti da statistiche e computer (il contrario di quello che avveniva nel magnifico L’arte di vincere con Brad Pitt) e il fatto che la vista lo stia abbandonando sembra il segnale che è giunta l’ora della pensione.
Inviato nel Nord Carolina sulle tracce di un potenziale campioncino atletico e spocchioso, il solitario e taciturno scopritore di talenti riceverà l’inaspettata visita della figlia (Amy Adams), avvocato in carriera che ha trascorso la sua infanzia sui campi di baseball col padre e che dopo la morte prematura della madre ne ha perso le tracce. Tra campi polverosi e bevute di birra al cimitero, vecchi rancori e dichiarazioni d’amore a colpi di quiz sul baseball (Justin Timberlake è un ex giocatore lanciato da Lobel che studia da scout e fa il filo alla figlia), bagni di notte al chiar di luna, pillole d’ironia (“Lo yoga? Ancora insisti con quel woo-doo…” dice Eastwood alla figlia appena uscita da una lezione) e assi nella manica, Di nuovo in gioco (titolo originale Trouble with the curve) delude le attese in uno stucchevole balletto romantico-sportivo ravvivato solo dalla presenza del vecchio leone.
Complice una regia piatta e senza il minimo guizzo (si viaggia per 110’ tra campi e controcampi), il film di Lorenz non emoziona né sul versante sportivo (vecchia storia, il baseball in Italia non entusiasma) né, tantomeno, su quello sentimentale. Sceneggiato dal debuttante Randy Brown, Di nuovo in gioco punta tutto sulla faccia rude e ammaccata di un Eastwood al minimo sindacale che privato del contesto non riesce a realizzare il miracolo. Stiracchiato e noiosetto, il film di Lorenz un merito ce l’ha: quello di costringere Eastwood a recitare ancora. Impossibile credere che questo mezzo passo falso chiuda una carriera come la sua.
Nelle sale dal 29 novembre distribuito da WARNER BROS.