“E così…siamo a quattro!”, ha detto scherzosamente Giulio Scarpati a proposito dei ‘suoi’ preti. Quelli da lui interpretati in teatro ed in televisione: dal Padre Toni di La casa bruciata, al don Silvestro di Aggiungi un posto a tavola ed a L’uomo della carità-don Luigi Di Liegro, fondatore della Caritas romana, fino al Don Zeno, l’uomo di Nomadelfia, la fiction che, dopo molti rimandi, RaiUno trasmetterà finalmente in prima serata martedì 27 e mercoledì 28 maggio per la regia di Gianluigi Calderone, prodotta dalla Red Film di Mario Rossini per Rai Fiction. Le figure dall’abito talare cui Scarpati ha voluto dare volto e voce sono sacerdoti con un credo religioso più aperto, preti dal forte impegno civile. Senza alcun tipo di implicazione politica. O forse, invece, molte...
Con le parole dello stesso don Zeno che diceva: "I teologi pretendono di spiegare Dio. Lo mettono al microscopio, lo rimpiccioliscono tanto che non lo vedono più. Sapere è vedere la verità, vivendola. Io sono come i bambini, i quali, più che ragionare, vedono. L’uomo animale vede con gli occhi, l’uomo di Dio vede con lo Spirito. Non si possiede la verità se non la si vive… Anche la proposta di Cristo, se l’accetti solo con la testa, non ci capisci niente. La rivoluzione di Nomadelfia è entrare nel giusto rapporto tra l’uomo e le cose, tra l’uomo e gli altri uomini, tra gli uomini e Dio. Dall’uomo si va a Dio e da Dio si va all’uomo…Ho imparato in campagna: a chi semina patate, nascono patate, a chi semina fagioli, nascono fagioli, a chi semina amore, nasce amore. Se pianto Vangelo, nasce Vangelo". Così don Zeno, mescolando utopia al bisogno di riscattare i poveri e dare dignità a chi non l’aveva, ha lottato pagando spesso sulla propria pelle, per la creazione di una Comunità tuttora esistente - Nomadelfia, appunto, il cui nome viene dal greco e significa Dove la fraternità è legge - che ‘trasgrediva’ in qualche modo i precetti delle sfere superiori e le idee della politica del tempo.
Il primo ciak in Bulgaria, dove è stato ricostruito il set della Seconda Guerra Mondiale, poi Carpi, Mirandola e Modena. Fino a Nomadelfia. Su una collina sormontata da una croce, nel cuore della Maremma (per la cronaca, esattamente a otto km da Grossetto sulla statale 223 verso Siena) sorge il villaggio - una cinquantina di famiglie, con figli propri e/o affidati - nel quale vive il ‘popolo nuovo’ la cui vita è regolata da una Costituzione che si basa sul Vangelo. Qui tutti i beni sono in comune, non esiste proprietà privata, le famiglie sono disponibili ad accogliere figli in affido; tutti lavorano ma nessuno è pagato, e non esiste disoccupazione. Per lo Stato è una fondazione, una sorta di cooperativa di lavoro. Per la Chiesa è una parrocchia comunitaria e un’associazione.
Ma la fiction non è solo la storia di un prete e della sua utopia riuscita. Narrare di Nomadelfia è stato anche dire di quanta novità ci fossero e ci sono, nell’intendere alcune istituzioni: la famiglia, ad esempio, che nel pensiero di don Zeno, deve essere aperta; pur nel rispetto del vincolo stabile tra l’uomo e la donna, devono essere superati i limiti dei soli legami di sangue. L’educazione dei figli coinvolge più famiglie - quello che viene definito il ’gruppo familiare’ - ed è particolarmente sentita la tematica dell’adozione. L’intento è quello di andare al di là del modello di famiglia chiusa e autoreferenziale in cui conta solo la realizzazione della coppia e dei figli. Temi di grande attualità ancora molto discussi in contesti urbani ed industrializzati.
"Le riprese sono state coinvolgenti ed entusiasmanti", ricorda Giulio Scarpati. "Abbiamo lavorato in una sintonia incredibile, noi, attori professionisti, assieme a tantissime comparse che, anche spontaneamente, si sono offerte perché la fiction fosse quanto più aderente possibile alla storia vera. Sono stato accolto da un popolo generoso e con una ferma volontà di descrivere Nomadelfia come un esempio, un mondo forse sognato ma che, ripeto, resiste e procede... Una piccola oasi dove non c’è spazio per il denaro, per l’ascesa sociale: un’armoniosa collettività pronta a mettersi a disposizione per qualsiasi genere di lavoro, per il bene del popolo comunitario ed esaltando valori morali come la famiglia, l’amicizia e l’amore per il prossimo. Ho vissuto tutto ciò con un atteggiamento da laico, accogliendo gli aspetti più veri della Fede e della Religione. Per un attore è anche un modo di esplorare, riflettere e far riflettere. E la televisione, a mio avviso, questo ‘compito’ ce l’ha. Io credo in questo prodotto che, mi auguro, sia seguito e compreso dagli spettatori".
Giulio Scarpati è attualmente impegnato nell’allestimento di uno spettacolo teatrale e si accinge ad iniziare, col nuovo anno, le riprese dell’ultima, conclusiva serie di Un medico in famiglia. Per il momento, però, prepariamoci ad apprezzarlo in Don Zeno, figura ‘storica’, ancor prima che prete, che offre spunti significativi sui valori, l’etica, la condivisione. E di questi tempi non è poco!