Era il 20 maggio 1999 e in via Salaria a Roma un commando delle nuove Brigate Rosse uccideva il professor Massimo D’Antona. A sette anni dall’omicidio e praticamente negli stessi giorni, una fiction ricorda la lotta cruenta e spietata che un gruppo eversivo armato mise in atto contro l’ordinamento giuridico e sociale dello Stato Italiano.
Attacco allo Stato il titolo del film Tv in due parti in onda su Canale 5 questa sera e domani alle 21 dove si parla anche dell’assassinio di Marco Biagi e dell’ispettore Petri freddato durante un semplice controllo sul treno Roma-Firenze (il 2 marzo 2003) dal terrorista Mario Galesi durante una sparatoria che portò alla morte dello stesso terrorista e all’arresto della brigatista Nadia Desdemone Lioce.
Intorno tutta l’attività investigativa e le azioni di polizia che riuscirono a neutralizzare i rappresentanti del nuovo terrorismo in Italia. Anche se mancano ancora molti tasselli al complicato puzzle di quella vicenda, come le armi, mai ritrovate, che uccisero Biagi e D’Antona. Protagonista della fiction, nelle vesti del capo della Digos di Roma, Raoul Bova che torna dopo Ultimo ad interpretare un poliziotto coraggioso e integerrimo.
“Il mio personaggio, Diego Marra - dice l’attore che in questi giorni è impegnato sul set del film autoprodotto Io, l’altro - rappresenta tutti quegli uomini e donne che si sono messi al servizio dello Stato, pagando a volte il prezzo altissimo della vita”.
Figura di fantasia, Marra è stato ispirato dall’investigatore Franco Gabrielli all’epoca dei fatti narrati capo della Digos, oggi direttore del Servizio Centrale Antiterrorismo che sottolinea l’importanza di “continuare a tenera alta la guardia contro il terrorismo” e di non dimenticare l’errore che allora si fece - complice anche l’attacco alle Torri Gemelle di New York - di spostare tutta l’attenzione e le forze investigative verso il terrorismo di matrice islamica ignorando i segni di una recrudescenza dell’eversione armata legata alle ideologie delle Brigate Rosse.
Presentata ad un pubblico di studenti e alla stampa nell’aula universitaria della facoltà di Scienze Politiche, Vittorio Bachelet, la fiction diretta da Michele Soavi per la TaoDueFilm di Pietro Valsecchi non ha mancato di provocare qualche critica, in special modo da parte della vedova D’Antona presente alla proiezione. La signora Olga (oggi deputato eletta nelle file dei DS), che aveva già espresso un certo dissenso all’idea di portare sullo schermo le vicende relative all’assassinio del marito, fa notare come a suo parere la il film Tv non dedichi la giusta attenzione alle “umilianti anticamere” alle quali fu costretto Marco Biagi che, consapevole di essere in pericolo di vita, chiedeva quella scorta che gli era stata inspiegabilmente levata. Poco spazio anche alle conseguenze politiche dell’omicidio Biagi: le dimissioni dell’allora ministro dell’Interno Scajola (nella miniserie chiamato Emiliani) considerato il maggiore responsabile della mancata protezione di Biagi. E altre inesattezze dovute magari ad esigenze cinematografiche: “le terroriste non sono così carine come le nostre attrici - dice la signora D’Antona - ed i loro compagni sono tutt’altro che personaggi affascinanti”. Usavano “un linguaggio farneticante” come il loro progetto che richiedeva “per imporre le proprie idee, la necessità di uccidere degli innocenti. Chi compie questi atti - prosegue la signora D’Antona - non distrugge solo l’esistenza di altri ma anche la propria”.
Resta per il pubblico, al di là di ogni polemica, l’interesse e la possibilità di conoscere meglio un pezzo importante della nostra storia attraverso questa fiction. Storia in parte ancora da scrivere, sicuramente da metabolizzare. Perché troppo recente, perché quasi tutti i protagonisti sono ancora vivi, i processi da fare e, soprattutto, le ferite ancora aperte.