Altre tredici canzoni per completare una corposa trilogia iniziata a cadenze mensili lo scorso settembre. In Zerosettanta volume Uno, Renato Zero si mette ancora una volta a nudo toccando tematiche e problematiche del nostro tempo tra natura ferita, amori salvifici e stanchi, melodie musicali assassinate sull’altare dei plug in, nostalgie di un tempo perduto e voglie di un futuro ancora a misura d’uomo.
Mi rattrista la conclusione di questo progetto dice Renato nell’ormai consueto appuntamento con la stampa- ormai ero abituato all’uscita mensile di un mio disco e questo mi aiutava ad esorcizzare il pathos del virus che stiamo combattendo. Con Zerosettanta- continua- ho dato cibo per l’anima al mio pubblico per accompagnarlo durante le giornate più solitarie. Sollecitare la fantasia e offrire stimoli emozionali è il mio compito d’artista.
E sì perché l’etichetta di cantante a Zero sta stretta.
Non mi sento omologato e catalogabile in una categoria- confessa- ho sempre corso sulla mia pelle il rischio della non appartenenza. Sono stato ballerino, attore, mimo, doppiatore, parrucchiere e costumista dando sfogo alla mia creatività e non ho iniziato quest’avventura per sentirmi soltanto un cantante. Esserlo limita e offende tutto lo sforzo che ho fatto per arrivare sin qua, meglio definirmi artista.
Renato, che ancora non ha abbandonato a 70 anni l’idea di dar vita al suo sogno chiamato Fonopoli, inizia parlando del nostro rapporto, ormai deteriorato, con quello che ci circonda in cui canta ne Il tuo eterno respiro.
Abbiamo rinunciato a pane e burro per una fetta d’ipocrisia ma tutto il progresso non vale la fascinazione di una serata in allegria all’osteria. Questa terra è casa nostra, siamo inquilini discutibili che paghiamo un affitto irrisorio per tanta bellezza a disposizione. Stiamo distruggendo il pianeta avendone poco rispetto e ora paghiamo le conseguenze di una pandemia che è solo la punta del problema. Dobbiamo riconquistare la nostra dignità di italiani, riscoprire la nostra tradizione artistica e culturale e offrire esempi in cui credere. Sogno un Paese unito, da Reggio Calabria a Torino e invece noto una frammentazione degenere che svilisce le nostre potenzialità.
E’ un disco più sussurrato e sfumato rispetto ai due precedenti questo volume 1, merito dei temi trattati e di un Renato in gran forma dal punto di vista vocale. Ma un capitolo a parte spetta di diritto al suo immutabile rapporto col pubblico.
Non l’ho mai tradito dice Zero e quelli che mi seguono riconoscono la mia obiettività e la mia doppia faccia che mi contraddistingue da sempre. Ho cantato Nei giardini che nessuno sa e Il triangolo, ho fatto ridere e pensare, ho provocato e lanciato moniti in una carriera movimentata che a 70 anni ancora mi porta al primo posto in classifica.
Nel brano che apre il disco, Amara melodia, canti della necessità di non tradire la nostra musica.
Non possiamo permetterci di rinunciare alle nostre tradizioni canore. Brani come Il cielo in una stanza, Volare, Piazza Grande o I giardini di marzo hanno fatto la storia bucando il tempo e lo spazio. In 4’ hanno condensato in una sintesi meravigliosa la nostra arte e ciò che ci ha resi famosi nel mondo. Non possiamo tradire ciò che ci rappresenta.
Il passare del tempo, inesorabile, è un altro dei temi caro allo Zero pensiero 2.0.
Lo scorrere degli anni può esserti amico, e nel mio caso lo è- dice Renato- ma quello che è certo è che al tempo non si può fare la guerra e con lui non si scende a patti. E’ fondamentale per sanare le controversie con noi stessi e bisogna rispettarlo e non temerlo. Il mio bilancio quaglia questi per me sono gli anni della trasparenza (dice citando il titolo di uno dei pezzi migliori del disco), una sorta di riepilogo di tutte le stagioni.
Orfani di cielo sembra invece il contraltare del brano storico che ti ha reso famoso nel 1976.
Ma Dio non c’entra con questa pandemia- spiega Renato- e ad alimentare la sua forza negativa ci abbiamo pensato noi con le nostre colpe.
Dopo tanta produzione musicale, inevitabile, domandarsi quando sarà possibile ristabilire il contatto live col pubblico.
Quando ci sarà la possibilità io sarò pronto, coi miei trucchi e la mia voce. La mia locandina è sempre affissa al muro. La mia è una chiamata verso la speranza ma non bisogna perdere di vista l’obiettivo. Ci vuole senso dell’equilibrio anche quando sembra che non ci si possa rialzare più.
La cultura perde i pezzi, i grandi artisti stanno scomparendo. Che futuro si prospetta per le nuove generazioni?
I segnali sono molto negativi si accalora Renato le tv ci bombardano di negatività, malcostume ed inciuci e non ci sarà sviluppo senza nuova qualità. I signori che ci comandano hanno studiato e occupano posti di primo piano per invertire, volendolo, la tendenza. Non bastano i banchi di scuola e lo studio di Carducci e Ungaretti. Occorrono uomini di statura, onesti e leali, che ci rendano di nuovo orgogliosi di essere italiani. Io sono l’undicesimo figlio di una famiglia di pastori e contadini e vado fiero delle mie origini. Sono figlio di un’Italia scoppiettante mentre oggi il nostro quotidiano mi sembra schiavizzato non solo dal virus ma da un’idea di un futuro che non sia a nostra immagine e somiglianza. Non dobbiamo mollare e quello che chiedo è di non ascoltare più notizie come quelle di chi si fa timbrare il cartellino da altri.
Mentre ricorda e cita aneddoti divertenti (Quella volta che col sidecar accompagnai Fellini da Piazza del Popolo a Cinecittà) Renato Zero non si dimentica dei suoi nemici, citati in uno dei brani del disco.
Ne ho avuti tanti ma mi sono serviti a dimostrare che non sono né debole né passivo. Oggi hanno imparato a vestirsi, si pettinano e sono mutati nelle forme ma mi rispettano. Con loro c’è una tregua che speriamo duri a lungo.
Mentre parla la voce dell’assistente vocale del suo telefono reclama attenzione.
Con questi mezzi non sono tranquillo- confessa- mi sembrano cose abitate e pericolose. L’invadenza tecnologica mi spaventa e mi crea frustrazione. Per una telefonata preferivo girare la rotella coi numeri, adesso se schiacci un pulsante per sbaglio ti ritrovi controllato o spiato.
Tra le ballad sentimentali, Io e te sembra una bellissima dichiarazione d’intenti all’amore.
E’ l’ideale prosecuzione di Magari, spiega Renato, un pezzo che indica come abbattere le differenze di età in un rapporto sia forse una dimensione necessaria alla stabilità e all’intensità di una storia. Le vicinanze spesso tradiscono e conducono alla noia, meglio affidarsi a persone con più esperienza. Quando c’è da scoprire, imparare e condividere l’amore va più lontano.
Tracklist
1- Amara melodia
2- Io non mi stancherò mai di te
3- Orfani di cielo
4- Nemico caro
5- Io e te
6- L’ultimo Gigolò
7- Ti ricorderai di me
8- Finalmente te ne vai
9- Gli anni della trasparenza
10- C’è
11- L’Italia si desta?
12- Il tuo eterno respiro
13- Un mondo perfetto