Peter Farrelly gli ha spedito la sceneggiatura via email. E accompagnata da un messaggio: ‘
Questo lavoro è un po’ diverso da tutto ciò che io ho fatto sino ad oggi,vedrai. E voglio che tu interpreti questo tizio, Tony.
È una storia vera. È successa davvero’.
Era la sceneggiatura di Green Book (dal 31 in sala), film che vi farà ridere e piangere insieme, storia vera del buttafuori italoamericano Tony Lip che nell’America razzista del ’62 deve accompagnare il pianista afroamericano Don Shirley, applaudito al Nord ma in grosso pericolo nel Sud del paese dove, però, il pianista vuole a tutti i cosi andare in tour.
La storia, allora, è quella di un viaggio che racconta l’America di allora ma, prima di ogni altra cosa, il rapporto tra due uomini che più diversi non si può e che riescono a cambiarsi la vita a vicenda.
A quella mail Viggo Mortensen (che qui vedrete trasformato, ingrassato, imbruttito, rude e tenero insieme) rispose: “Wow, è una specie di dramma con delle cose divertenti”. E da qui tutto è cominciato. Come l’attore ci racconta;
“È un film come una lezione di educazione civica, una lezione di storia e anche una favola con una morale, in qualche modo”.
Nel senso che i temi principali sono l’importanza dell’accettazione e della tolleranza?“Sì, è un film che ti invita a provare emozioni e ti invita a pensare.Ma non ti dice di pensare. Questa è la sua forza. Non fa alcun tipo di predica. E non è un film fatto solo per una parte della società. È una storia che potrebbe essere ambientata ovunque.Siamo stati in Europa e in diversi paesi in cui lo hanno proiettato nei festival, e ci hanno detto: "Beh, non sappiamo se il film funzionerà qui. Non sappiamo se il pubblico riderà” ed è stato lo stesso ovunque, ogni proiezione negli Stati Uniti, a Londra, a Zurigo, a Milano, a Roma hanno riso e alla fine erano tutti in piedi, alcuni con le lacrime agli occhi e ridendo allo stesso tempo. Il valore universale sta nel suggerire che bisogna sempre superare le proprie prime impressioni che sono limitate e che bisogna sempre lavorare sulla propria ignoranza. Puoi essere ignorante anche se sei molto istruito”.
A proposito di prime impressioni, ci sono stati molti titoli su questo film incentrati su
Peter che fa un film completamente diverso.
Conoscendo il suo lavoro, hai avuto delle prime impressioni che poi hai superato?“
Peter ha scritto un romanzo nel periodo in cui è uscito Tutti pazzi per Mary,
ha scritto racconti, anche molto buoni, insomma non è solo il regista di quel film per cui molti lo ricordano.Quindi sapevo che lui aveva queste doti.È una persona molto intelligente, premurosa ma è divertente. Non può fare a meno di dire cose a volte folli. Quindi non ero totalmente scioccato dal suo voler fare questo film. Ma fin dal primo giorno il suo approccio è stato grandioso. Ha preso tutto la troupe e il cast, e ci ha detto: “Ehi, ragazzi, non pretendo di sapere tutto. Non conosco molte cose e chissà da dove possa venire una buona idea,quindi per favore, se qualcuno pensa di averne una, la dica! Che si tratti del dipartimento tecnico, del reparto telecamere o di uno degli attori, se qualcuno ha una buona idea o una critica su qualcosa, per favore fatemelo sapere. E se è un’idea stupida, ve lo dirò io”
Sei famoso per passare molto tempo a prepararti per un ruolo prima delle riprese. Se ti proponessero il ruolo della tua vita, ma dovessi iniziare a girare domani stesso, accetteresti?
“Penso che dipenda dal ruolo. Dipende da quanto penso di poterlo sviscerare fin dall’inizio e continuare a farlo mentre vado avanti. Mi sono trovato in questa situazione un paio di volte. Non è comoda. Ma puoi affrontarla. Il Signore degli Anelli è stato un caso in cui ho sostituito un attore e stavano già girando, non solo le riprese, ma avevano già provato per mesi e imparato tutte le abilità necessarie per quel film, abilità linguistiche, avevano inventato l’Elfico, e la spada, l’equitazione, tutte queste cose. E stavo impazzando perché avevo detto sì ed ero sull’aereo, su questo volo di 13 ore, e stavo leggendo il libro, che non avevo mai letto prima. Avevo letto da bambino storie su vichinghi e saghe nordiche, c’era qualcosa che mi era familiare, ma finiva lì. Ma ovviamente sono contento di averlo fatto. Mi ha aperto molte porte e ci siamo divertiti molto a realizzare quei tre film. Ma non è la situazione ideale".
"A volte ho detto di no perché sapevo di non essere in grado di rendere giustizia al personaggio. Nel caso di questo film, Green Book, avevo tempo per prepararmi, ma ero nervoso,non volevo sbagliare. Non volevo fare la classica caricatura di una persona italoamericana. Come ho detto a Pete, "ci sono molti bravi attori italoamericani là fuori, e ci sono ovviamente molti buoni personaggi italoamericani che abbiamo visto in TV e al cinema negli ultimi anni e nell’ultimo decennio. Perché vorresti mettere me in quel ruolo?". E lui mi ha detto: "Perché so che puoi farlo. Ho questa forte sensazione a riguardo".Spero di esserci riuscito.