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venerdì 12 gennaio 2018
di Silvia Di Paola
Rovazzi fa "Il vegetale"
Gennaro Nunziante, orfano di Checco Zalone,confessa "amo chi prova ad essere onesto in questo Paese"
Fabio Rovazzi come non lo avete mai visto. Giovane e timido precario in cerca di tutto. Di un lavoro, di una casa, di un amore e anche di un padre che lo ha abbandonato per un’altra donna e un’altra figlia e che ha la faccia del siciliano Ninni Bruschetta in versione pop, modaiolo, disonesto alla maniera italica, piacione sempre col pensiero alle donne e a Ibiza.
A dirigerli è Gennaro Nunziante, sceneggiatore ma soprattutto regista di Checco Zalone da sempre, che però non ne poteva più di far film parlando di altre generazioni e così ha tentato “di far  raccontare da qualcuno che ne fa parte la generazione di chi oggi non ha ancora trent’anni e cerca di rifondare il nostro Paese in cui oggi una schiarita totale non possiamo aspettarci ma possiamo però trovare qualche raggio di luce”.

Ed ecco Il vegetale, in sala dal 18 gennaio, in cui il corpo, la voce, gli atteggiamenti di Rovazzi raccontano tutto attraverso la gentilezza e in cui Nunziante è alla sua prima volta da regista senza Checco Zalone con cui all’inizio eravamo colleghi ma oggi siamo fratelli e quindi non badate alla chiacchiere di chi ci vuole litigiosi. Anche perché, come vedrete dal mio film, io amo in ogni caso la gentilezza di chi ancora parla con gli altri, cerca di comunicare e non di sopraffare e di chi almeno ci prova ad essere onesto e fiducioso in un Paese ormai moralmente in caduta libera”
E gli fa eco Fabio Rovazzi, che Nunziante ha voluto dopo aver visto un suo videoclip  (“l’ho scelto anche se era popolare, anche se  ci sono i soliti pregiudizi e non per fare l’ operazione che hanno fatto in tanti prendendo personaggi del web e buttandoli sul set allo sbaraglio, io l’ho voluto perché c’era un progetto preciso”), e che non ha dubbi.

Il  messaggio è chiaro e concreto e dice che bisogna rimboccarsi le maniche se si vuol davvero fare qualcosa di utile, per se e per gli altri, in un’Italia in cui abbiamo dei modelli sbagliati che mettono da parte il garbo, l’ onesta e impongono la prepotenza e la maleducazione. Io sono il simbolo di una generazione che ha ereditato il nulla e si arrabbiata in una società in cui vince chi fotte il prossimo”.
Sorride accanto a lui Luca Zingaretti che confessa: “Ero incredulo quando mi hanno proposto questo progetto perché siamo abituati a parlare dei giovani di oggi solo come bamboccioni e, invece, raccontare il loro presente, il desiderio di realizzarsi e la fatica che spesso fanno in una società che non li considera affatto, raccontare tutto questo con garbato sorriso è stata un’operazione straordinaria” .

Ma se spostiamo  lo sguardo ai fan di Rovazzi, alla folla di ragazzini  che lo segue sul web e in tv, che lo guarda e che correrà al cinema a vederlo, che cosa si aspetta? “La sorpresa di vedermi in vesti del tutto inedite ma spero che mi seguano e che afferrino il messaggio importante del film. I miei coetanei sono spiazzati nel mare della precarietà, in un momento neutro in cui bisogna prendere delle posizioni, scegliere un immaginario che la mia generazione non ha, passare dal disegno a matita al disegno a china, e spero che anche questo film possa aiutare” . Magari potrebbe suggerire qualche pensierino anche ai meno giovani. 

Nei giovani vedo qualcuno che può distanziarsi da quella generazione che è nata idealista, astratta, e che è finita malissimo. Spero che gli ideali dei giovani di oggi siamo concreti, che cerchino di cambiare non il mondo ma il piccolo universo in cui vivono ogni giorno, spero in battaglie che nascano dal piccolo. Spero di non fare l’errore di molti miei predecessori del web che hanno pensato con arroganza di poter parlare la lingua del web al cinema mentre invece il cinema ha il suo linguaggio che va rispettato assolutamente”.
E speriamo che i giovani fan del Rovazzi cantante rispondano all’appello. Come dice Zingaretti, “questi ultimi dieci anni, con la tv seriale si è visto che in Italia le potenzialità ci sono ma il punto è che se non hai il potere economico per fare dei programmi e contrastare le cinematografie straniere il cinema italiano andrà a picco, come dimostrano i dati usciti ieri. Finché non capiremo che oggi ciò che vendi è importante non meno del modo in cui si vende non andremo avanti. Anche film del genere sono importanti”.

Ma, avverte Nunziante, ricordiamoci che “il maggiore errore di chi fa cinema è parlare di cinema, chi lo fa deve solo continuare  a farlo e a fare l’artigiano. E poi credo che ogni l’industria va avanti con la sperimentazione e il cinema non sperimenta più, ormai si fanno solo copie di copie , con i soliti personaggi per protagonisti, senza alcun cambio generazionale e c’ è anche il solito problema dei rischi di impresa. Rossellini si vendeva le case per fare film, mentre oggi tutti pensano solo ad avere finanziamenti statali”.
Come uscirne? “Col garbo e cominciando a pretendere da noi di cambiare rispettando le regole e chi ci sta intorno".

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