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giovedì 26 maggio 2016
di José de Arcangelo
IL TRADUTTORE
"Un racconto che ha come tema base la diversità dell’altro" dice Massimo Natale del suo nuovo film
Presentato in anteprima nella selezione ufficiale del Santa Barbara International Film Festival e al BIF&ST, Bari International Film Festival, approda nelle sale un ambizioso dramma d’attualità su temi quali integrazione e amore, ambizione e ribellione, libertà e disagio, diversità e speranza sostenuto da buone intenzioni e da un cast internazionale
Presentato in anteprima nella selezione ufficiale del Santa Barbara International Film Festival e al BIF&ST, Bari International Film Festival, approda nelle sale un ambizioso dramma d’attualità su temi quali integrazione e amore, ambizione e ribellione, libertà e disagio, diversità e speranza sostenuto da buone intenzioni e da un cast internazionale, visto che si tratta di una coproduzione italo-polacca: Il traduttore di Massimo Natale, protagonisti Claudia Gerini e il polacco Kamil Kula.
Narra la vicenda di Andrei Bina (il giovane e prestante Kula), studente universitario romeno che grazie a un borsa di studio in Italia frequenta un corso di specializzazione (letteratura comparata) in lingue straniere. Ma, visto che i soldi della borsa sono pochi, di sera lavora in una pizzeria e di giorno, saltuariamente, in questura come traduttore per interrogatori e intercettazioni di suoi connazionali.

Il giovane – che oltre romeno e italiano, parla perfettamente diverse lingue, tra cui il tedesco – viene messo in contatto dalla sua tutor (Silvia Delfino) con una sua amica antiquaria, Anna Ritter (Gerini) che vuole far tradurre un diario del marito tedesco, scomparso da poco in un misterioso incidente. Andrei si ritrova così catapultato in un mondo che finora non aveva neppure osato sognare.
E, tra contraddizioni e passioni, instaura un ambiguo rapporto con la sensuale donna.

Quando Marie Giaramidaro e Nikolaus Mutschlechner mi hanno fatto leggere il copione – esordisce il regista all’anteprima stampa romana – me ne sono subito innamorato perché mi piacciono le storie difficili e questa colpisce, emoziona e soprattutto fa riflettere. Perciò il film l’ho anche prodotto con una partecipazione polacca e ho deciso di trasferire la storia da Roma a Trento perché avevo bisogno di un’atmosfera più intima, piccolina, non da grande città. E’ una girandola di caratteri e atmosfere, e se io fosse stato al posto del 22enne in un paese straniero e senza nessuno, credo avrei fatto cose molto simili. Un uomo in una girandola di quattro donne in cui ognuna porta il suo contributo, cinque solitudini che si intrecciano. Questa è una sorta di forzatura per raccontare il carattere borghese che le accomuna tutte”.

Penso che Andrei sia guidato da emozioni istintive – afferma la Gerini sull’iniziativa del traduttore di cambiare un ‘particolare’ del diario intimo -, quasi primordiale, visto che si tratta di un uomo che scrive su una donna, senza altri riferimenti. In fin dei conti cambia solo un ‘colore’, non credo che il suo atteggiamento sia opportunistico. Lei invece è una donna romana incastrata in un capitolo della sua vita, deve metabolizzare il lutto. E’ una donna interrotta dato che il marito scompare quando fra loro ci sono ancora cose non dette. E’ un incubo per tutti noi quando accade un fatto del genere, il rapporto di Anna col marito non era stato definito perché lui, quando non era in viaggio, restava chiuso nel suo studio e, forse, non voleva affrontare la crisi. Lei è una donna colta che ama viaggiare, forse un po’ fredda e riservata, ma con una voglia di rinascere”.

Se il mio personaggio è così cattivo e spietato – ribatte Anna Safroncik nel ruolo dell’ispettore – è colpa di Massimo, perché attraverso la figura del commissario viene fuori un mondo marcio; ma non è complicata né cerca redenzione. E’ un carattere che uccide gli animi buoni. Lui è un sognatore, non cerca nessuna occasione, ha una visione buona sul mondo corrotto della polizia. Lei, invece, ha una cicatrice che mette in risalto la sua totale mancanza di valori”.

Le donne le amo tantissimo – dichiara il regista sulle attrici – e lavoro molto bene con loro. Credo che in tutti i caratteri ci sia comunque il seme della bontà. Nel personaggio di Anna si accende solo davanti alla ragazza aggredita, nella storia di Andrei c’è un tratto di umanità con cui affronta la realtà della vita. La professoressa ha la poesia, però forse è una carogna come la poliziotta. Ma l’unico personaggio positivo veramente sta all’inferno, Eva (Grimaldi, padrona del night club ndr.) è una donna buona ma contornata dal peggio. Amo sempre le donne, ovunque”.

E poi aggiunge sull’attore protagonista: “Andrei non ha molto da ridere, in quel mondo si trova a disagio, per lui è molto più facile fare l’aiuto pizzettaro perché la questura gli sta stretta. Infatti, riesce a sorridere solo alla galleria d’arte, perché si veste da quello che vorrebbe essere, fa cose che non fa mai”.
Kamil Kula, impegnato in patria, ha mandato un video messaggio e Natale racconta che non parla l’italiano ma ha imparato meticolosamente il copione, tanto che nel film parla quasi senza accento. E afferma che all’inizio a Claudia l’attore non piaceva.

Mi immaginavo un’altra tipologia di uomo – ribatte la Gerini -, diverso, nelle foto non lo vedevo come un giovane che ha vissuto sempre al buio, nel freddo, stretto alla madre. Un ragazzino cresciuto nella cupezza, in un ambiente triste. Non ho mai detto che non mi piaceva fisicamente”.
Sono abbastanza lontana dal mio personaggio – dice Silvia Delfino -, ma credo che lei si fosse innamorata veramente, non volesse tradire l’amica. Non si è trattato dell’incontro di una notte ma di una storia d’amore”.

La tecnologia ha cambiato completamente il modo di esprimersi e di comunicare – dichiara Eva Grimaldi -, e oggi si usa meno il ‘diario’ e se ci viene in mente un’idea e una frase non abbiamo più a portata di mano carta e penna. Non ho letto subito la sceneggiatura, ma dopo averla letta ero sicura che il mio personaggio era al tempo stesso forte e dolce, in un film che passa dalla comicità al noir, e che ero diretta da una mano bizzarra”.
Io invece scrivo ancora sui quadernini – confessa la Gerini -, me li porto sempre in borsa”.
Il traduttore, comunque, è un film che resta un po’ sospeso, fermandosi spesso in superficie mentre sullo sfondo scorre l’attualità, fra problematiche sociali e fatti di cronaca.

“Intreccia storie, sentimenti, desideri
– conclude l’autore -. Affronta angosce, paure, ricatti. Anna, Andrei, l’ispettore Rizzo, Giorgio inseguono i loro sogni e sfuggono i loro incubi. Desiderano sconfiggere i loro demoni e lo fanno ognuno nel suo modo, a volte tenero, a volte doloroso. Ognuno può trovare un pezzetto della sua storia in questo affresco: la paura di un amore, la voglia di dimenticare, il desiderio di una fuga, il desiderio dell’affermazione professionale a qualsiasi costo. Tutte chiavi della storia degli uomini qui raccolte in un racconto che ha come tema base la diversità dell’altro da noi. Una diversità che il preconcetto ci impone di catalogare in maniera negativa. Ma spesso, i più negativi siamo noi stessi. In questo gioco di ombre, di amore, forse di lucida follia i protagonisti si muovono in bilico tra i loro mondi, cercano zone ‘neutre’ di contatto e sono disposti a tutto pur di vivere, a volte solo sopravvivere, e di sperare”.
Tra gli altri interpreti, Marcello Mazzarella (Giorgio) e Piotr Rogucki. La fotografia è firmata (anche operatore) dall’inimitabile Daniele Ciprì.

Nelle sale italiane dal 26 maggio distribuito da EuroPictures

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Foto dall’Ufficio Stampa

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