Un commedia poliziesca, un noir divertente oppure una commedia nera. Come lo si voglia definire The Nice Guys di Shane Black – in sala dal 1° giugno - funziona, diverte e coinvolge perché c’è mistero e corruzione, azione e giallo, realtà e favola noir sui toni del ‘buddy movie”, reso popolarissimo negli anni ’60-’70 a Hollywood da Walter Matthau-Jack Lemmon, e in Europa dai nostri Bud Spencer-Terence Hill, diventati beniamini del pubblico in tutto il mondo. Non a caso Shane Black, da sceneggiatore, aveva creato la coppia che scoppia Mel Gibson-Danny Glover della saga “Arma letale”. Da Cannes, approdati a Roma - “la casa spirituale del Gladiatore” come l’ha definita l’attore -, per presentarlo proprio Russell Crowe, il partner Ryan Gosling, il regista Shane Black e il produttore Joel Silver. Visto che sono arrivati con un ritardo di quasi un’ora, il quartetto si è rivelato scherzoso e disponibile.
La storia: nella Los Angeles anni Settanta, libertina e stravagante, misteriosa e decisamente trendy, l’investigatore privato Holland March (Gosling) e il maturo e duro detective privato Jack Healy (Crowe) sono costretti ad allearsi per risolvere il caso di una ragazza scomparsa, apparentemente non collegato alla morte di una giovane e bellissima porno star. Scopriranno, con l’aiuto a sorpresa dell’intelligente e intraprendente figlia adolescente di March, che quello che sembra un semplice omicidio nasconde in realtà il caso del secolo. “C’è un filo dolce-amaro nella vita di Healy/Crowe – esordisce lo sceneggiatore regista -, come c’era anche nel ‘Gladiatore’, il protagonista se proprio non vince, trova una pace incerta, si lascia andare nel mondo torturato in cui si trova”.
“La mia carriera è la bellezza di fare l’attore – ribatte Crowe -, interpretare ruoli sempre diversi, uomini che cambiano continuamente, quello che è cambiato è il fatto che una volta andavo sul set e trovano registi più vecchi di me, oggi il più vecchio sono spesso io. Ci sono persone intrappolate nell’aspetto e vogliono interpretare sempre la stessa cosa, per me non c’è problema, se si tratta di interpretare un uomo coi capelli bianchi o un settantenne, addirittura se ci fosse il remake di “Sul lago dorato” (c’erano gli ultraottantenni Katharine Hepburn ed Henry Fonda ndr.) accetterei di farlo, quello che conta, la cosa più importante è la narrazione”. Poi conferma che continua a suonare nella vecchia band, soprattutto a livello personale, non più in pubblico, anche se ammette che quando decidono di farlo non hanno problemi di pubblicità, “basta un annuncio su internet e si ha la sala piena in qualsiasi momento”.
“La coppia e la storia sono frutto della fantasia di Shane – ribatte Gosling a suo agio con la definizione ‘sexy’ sul manifesto -, i personaggi sono stati creati così sulla pagina, ed era già una sfida rappresentarli perché unici, come quelli dei film di Billy Wilder”. “Non abbiamo preso spunto né da Stanlio e Olio, né da Gianni e Pinotto, insomma da nessuno – conferma Crowe -, anche se, da cineasti e cinefili, li abbiamo visti e conosciuti tutti. Nulla di tutto questo, ma abbiamo cercato di raggiungere e sviluppare quello che c’era già nella sceneggiatura”. “Ho cercato di fare, almeno spero, qualcosa di divertente in una situazione drammatica – riprende Gosling -, non capisco perché di solito venga fatta una sorta di amputazione chirurgica della comicità dai film drammatici. Spesso le cose comiche vengono buttate in sala di montaggio. E’ bello farle perché capisci subito se funzionano. Infatti, l’elemento disarmante ha l’effetto di un cazzotto sia sul personaggio sia sullo spettatore, e lo sai subito se funziona e sei soddisfatto. Inoltre in questo modo ti sintonizzi di più sul drammatico”.
“Ne abbiamo parlato molto con Ryan – dice Crowe -, lui affronta con serietà anche la parte comica, sul set è concentrato sul lavoro, ma Shane ci ha dato anche tantissima libertà, non si atteneva a quello che era scritto sulla pagina, si fidava di noi, perché siamo rimasti fedeli allo spirito della storia. Comunque ci vuole la stessa fatica per un film comico, ma se ci pensate c’erano situazioni del genere anche ne ‘Il gladiatore’. Per esempio quando decapita un uomo con due spade, anche se ne bastava una. Però non sono d’accordo si tratti di violenza da video game, perché il film è stato realizzato in modo fresco, per niente fittizio, se una macchina sfonda la parete di una casa lo fa davvero. I film di coppia hanno un aspetto da commedia, fisica e completa, che fa da contrappunto alla parte drammatica”.
“E’ sbagliato pensare di fare un film su un unico tono – precisa il regista -, perché l’umorismo lo rende più interessante. Il nostro è un po’ autoreferenziale tanto che il personaggio afferma ‘alla fine non si è fatto male nessuno’, nonostante i morti ammazzati. Credo non si deva mettere limiti, anzi che sia meglio trovare sempre un tono diverso”. “Le donne del film rispettano la tradizione del noir – prosegue -, anzi il film ha molto a che fare col noir e con la favola, infatti, ci sono (nella festa in maschera ndr.) Pinocchio, l’unicorno, le principesse. E i protagonisti sono una sorta di cavalieri che devono salvare la fanciulla, mentre nella città reale e corrotta troviamo la femme fatale e la figlia di March che si rivela più intelligente di loro”.
E a proposito di “L.A. Confidential”, Crowe aggiunge: “Kim Basinger nel cast non poteva non essere un riferimento, ma null’altro. E’ stato bellissimo lavorare ancora con lei, visto che non la vedevo da dieci anni”. Inoltre, sul rapporto uomo-donna dichiara che l’importante è l’equilibrio: “Se c’è rispetto reciproco, funziona; invece se uno dei due si comporta da leader tutto finisce, io penso si deva camminare insieme”. Poi aggiunge sulla sua prima esperienza da regista, “The Water Diviner”: “Non mi ero mai sentito più a mio agio sul set – confessa -, dare il ritmo e il movimento alla macchina da presa è la condizione ideale e voglio tornarci presto. Finora siamo alla fase noiosissima di quattro persone riunite intorno ad un tavolo, vediamo cosa mi propongono e cosa ne verrà fuori, perché voglio diventare come Tiziano e avere una grande tela su cui dipingere”.
Invece, Gosling, sulla sua partecipazione al sequel di “Blade Runner”, non sgarra: “Cominceremo molto presto, ma se dico una sola parola - vedete lassù -, c’è un cecchino pronto a spararmi”. Concludono sul fatto che dovranno affrontare rifacimenti, reboot e sequel. Infatti, Crowe si prepara a interpretare il Dottor Jekyll, anche se assicura si tratterà di un piccolo ruolo nel film “La mummia”, una sorta di franchise con i ‘mostri’ della letteratura dell’Ottocento, incluso Frankenstein, ma “se ci pensate – dice – in realtà si tratta di questione di ambiente, a teatro si risale sul palcoscenico e si riprende ogni volta l’Amleto, al cinema invece sembra essere un problema".
"Comunque - conclude - si tratterà di qualcosa di completamente diverso. Ovviamente è una storia non nuova su cui si interviene a livello creativo; non vedetela dal punto di vista di Spencer Tracy (uno dei più celebri Jekyll ndr.), ma piuttosto da quello del protagonista di ‘Beautiful Mind’, vedetela come una cosa nuova seguendo il percorso dei personaggi”. “Dipende da come vengono fatti – chiude Gosling -, ‘Blade Runner’ è un film che ho amato, così come delle serie televisive, i buoni remake se vengono affrontati con maggior profondità, spesso funzionano, anche come terapia”.
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