Dimenticate l’omonimo film del 1974 di Luigi Filippo D’Amico con Lando Buzzanca nei panni di una giacchetta nera arrivista e permalosa. L’arbitro di Paolo Zucca, presentato nel 2013 alle Giornate degli Autori della 70ma Mostra del cinema di Venezia, è una surreale e riuscita commedia in bianco e nero che mischia sapientemente calcio e pastorizia, novelli fuoriclasse e faide familiari, allenatori ciechi (l’irresistibile Benito Urgu) e cavalli dentro il bar. L’Atletico Pabarile, la squadra più scarsa della terza categoria sarda, viene umiliata come ogni anno dal Montecrastu ma il ritorno in paese di Matzutzi (il baffuto Jacopo Cullin), centravanti figlio di un compaesano emigrato in Argentina e innamorato della figlia dell’allenatore, rischia di rivoluzionare gli equilibri del campionato.
Tra goal, prodezze e vendette, le vicende delle due squadre si alternano a quelle dell’arbitro del titolo (Stefano Accorsi), fischietto ambizioso e in rampa di lancio verso la Champions che si lascia coinvolgere in una vicenda di corruzione. Nato come cortometraggio (David di Donatello nel 2009), il film di Zucca - in Homevideo da Lucky Red con distribuzione Cghv dal 18 febbraio - diverte con ritmo ed eleganza formale di grande effetto (si veda il magnifico balletto in mezzo al campo degli arbitri in allenamento). Tra grottesco e strizzate d’occhio al western, dialetti e ammiccamenti (la preda femminile del centravanti è Geppi Cucciari) ecco voci e volti che non si dimenticano in un susseguirsi di trovate e situazioni magnificamente illuminate dalla fotografia sapiente di Patrizio Patrizi.
Un viaggio nelle campagne aride e nei palazzi del potere che vive di riflessi e riusciti rimandi stilistici. Aperto da una citazione di Camus e da una vera e propria liturgia per immagini (la vestizione della terna arbitrale nello spogliatoio prima di entrare in campo), l’esordio al lungometraggio di Zucca (sceneggiatura a quattro mani con Barbara Alberti) è insomma un bizzarro e stralunato esempio di cinema arguto e sopra le righe capace di coniugare brillantezza e autorialità che stavolta non fa rima con noia.
Una vera e proprio foto d’epoca che si concilia con l’attualità a colpi di polverosi campetti e lussuose riunioni politiche, regolamenti e compromessi. Tra il cinema di Ciprì e Maresco e quello di Sorrentino ecco la partita cinematografica (durata 90’ come quella calcistica) ben giocata da Zucca. Nei contenuti extra: Pabarile Jijonao, Prove di ballo, la galleria fotografica, le scene tagliate e il trailer. |