Ottantanove anni compiuti, 15 legislature alle spalle, 7 volte Presidente del consiglio, 21 volte ministro, senatore a vita dal maggio 1991. Zio Giulio, il gobbo, Belzebù, la volpe, l’eternità. In una parola il Potere. Per raccontare vizi e malefatte di Giulio Andreotti, Paolo Sorrentino sceglie il registro del grottesco invitandoci ad un ballo in maschera popolato da mostri, ma intriso di grande umanità. Apologo metafisico che rimanda al miglior cinema d’impegno civile degli anni ’70 (vedendolo vengono in mente Todo modo di Petri e Cadaveri eccellenti di Rosi), Il divo - Premio della Giuria al Festival di Cannes - è un capolavoro assoluto che tra intrighi di Palazzo, immagini potentissime, battute leggendarie, simboli e astrazioni mette in scena il corpo e l’anima di uno Stato dissoluto e pronto a rinascere nel corso degli anni.
Dalla fine del suo settimo governo (nell’aprile 1992) alla vigilia dello storico processo di Palermo dove fu rinviato a giudizio per associazione mafiosa ecco un Andreotti impenetrabile, ambiguo, ingobbito ed anziano magistralmente interpretato da un Toni Servillo in stato di grazia che lavora su voce, gesti e postura con prodigiosa meticolosità senza mai scadere nella semplicistica imitazione. Stragi ed esecuzioni, citazioni (“Andreotti? O è il più scaltro criminale o il più grande perseguitato della storia d’Italia” Montanelli dixit) ed emicranie (con quel primo piano iniziale del Senatore infilzato di aghi in testa che rimanda curiosamente alla stessa malattia di cui soffriva l’usuraio ne L’amico di famiglia), gatti bianchi e riunioni (memorabile l’arrivo dei membri della corrente andreottiana- Bucci è Evangelisti, il prodigioso Buccirosso è Pomicino, Popolizio è Sbardella e Ralli è Ciarrapico - esaltato dal bel montaggio di Cristiano Travaglioli e da un ralenty finale che sembra una carica a cavallo di un western), passeggiate notturne e rituali (il bicchiere d’acqua con l’aspirina), senso dell’umorismo (“Lei ha 6 mesi di vita mi disse il medico alla leva militare. Anni dopo lo cercai per dirgli che ero sopravvissuto ma lui era morto…”), tesori nascosti (“Possiedo un grande archivio: ogni volta che ne parlo, come d’incanto, chi deve tacere, tace”) e disperate ammissioni di colpa (“Ai familiari delle vittime confesso: è stata anche colpa mia la destabilizzazione del paese, il terrore e lo stragismo. Bisognava rinforzare il centro, la Dc. Bisogna amare molto Dio per capire questa mostruosa contraddizione: perpetuare il male per garantire il bene. Questo Dio lo sa e lo so anch’io” dice Andreotti nell’unica sequenza che utilizza frasi non dette nella realtà).
Coraggioso atto d’accusa capace di fare nomi e cognomi (c’è anche il bacio tra il Senatore e Riina), Il divo - scritto da Sorrentino con la consulenza del giornalista Giuseppe D’Avanzo- mischia con stilizzata sapienza registica farsa e tragedia, pubblico e privato (grandi prove per Anna Bonaiuto nei panni della moglie Livia e di Piera Degli Esposti in quelli della fedele segretaria Enea) in un’opera ‘necessaria’, labirintica e visionaria che si colloca come preziosa guida per la rinascita del cinema italiano. Sensazionale uso delle musiche con colonna sonora che spazia da Vivaldi a Renato Zero, dai Ricchi e Poveri a Sibelius, da Bruno Martino all’elettronica. Tra gli extra il making of, gli effetti speciali, un intervista a Sorrentino e 10’ di scene tagliate fra le quali si segnalano un brillante confronto al Cremino con Gorbaciov e un illuminante pensiero notturno sulla prigionia di Aldo Moro.
Il Divo
Di Paolo Sorrentino
Con Toni Servillo, Anna Bonaiuto
Lucky Red distribuzione
Euro 16,90
Edizione speciale a 2 dischi Euro 19,90