Un horror realistico che si rifà ai classici, soprattutto a quelli degli anni Settanta, "The Strangers" scritto e diretto dall’esordiente Bryan Bertino ed ispirato a una storia vera. Dunque un thriller dall’impianto tradizionale che punta tutto su suspense, suggestione e paura. E proprio per ciò funziona benissimo, diventando man mano un horror inquietante e quotidiano, quello che può sbocciare dalla normalità assoluta, dalla quiete apparente. Infatti, i terrificanti eventi accaduti nella casa di villeggiatura della famiglia Hoyt al numero 1801 di Clark Road l’11 febbraio 2005 non sono ancora del tutto conosciuti. La scena disseminata di champagne, petali di rosa, candele faceva prevedere tutt’altro che un orribile massacro.
Doveva essere una festa di fidanzamento per Kristen McKay (la rediviva ed inedita Liv Tyler) e James Hoyt (Scott Speedman, da Indagini sporche - Dark Day a Underworld: Evolution) nella loro sperduta casa di vacanze. Ma tornati a casa, dopo essere usciti dal ricevimento di nozze di un amico, per la felice coppia tutto sembra crollare. Verso le quattro del mattino, mentre Kristen è temporaneamente sola, bussano insistentemente alla porta. “E’ qui Tamara?” chiede una voce ossessionante. Pian piano appaiono dei minacciosi estranei (gli Strangers del titolo) mascherati… E’ l’inizio di un incubo in crescendo fino all’imprevisto finale. Ad unirsi ai due protagonisti sono appunto i tre visitatori mascherati interpretati da Gemma Ward nel ruolo di Faccia di Bambola/Dollface, Kip Weeks nei panni dell’uomo dalla maschera di tela, Laura Margolis la ragazza Pin-up (mascherata di Betty Boop) e Glenn Howerton, nel ruolo di Mike, il malcapitato amico della coppia, visto in tivù in C’è sempre il sole a Philadelphia.
Ma non è uno splatter movie né tanto meno un horror gotico. Sangue e brivido sì ma niente eccessi né particolari raccapriccianti, anzi tanta tensione e suspense: il terrore dopo la calma; la follia omicida nascosta sotto la normalità apparente. Tutto funziona grazie anche alla fotografia di Peter Sova (da Gangster N° 1 a Slevin – Patto criminale), alla scenografia di John D. Kretschmer (The List), al montaggio di Kevin Greuter (Saw - L’enigmista) e ai costumi contemporanei di Susan Kaufmann (The Ice Harvest). Le musiche sono del gruppo Tomandandy, che aveva esordito nel cinema con la colonna sonora di Killing Zoe, mentre la supervisione alla musica è firmata da Season Kent.
Il regista, a proposito della sua idea di cinema, ha dichiarato: “All’inizio, quando ho cominciato a scrivere, ho pensato che uno dei modi per entrare in contatto con la gente era quello di spaventarla, perché così puoi parlare di altre emozioni, altri sentimenti e metterti in relazione con le persone molto più facilmente”. Inoltre, ha esplorato e indagato su quel mondo della violenza senza senso, quei fatti di cronaca nera che ci sembrano spesso inspiegabili, assurdi. “Molto spesso vengono commessi crimini – aggiunge – di cui nessuno riesce a spiegare alla vittima la ragione. Accadono e basta. E ci si ritrova da soli a occuparsi delle conseguenze”. E, infatti, il film fa leva sulla paura primaria, ancestrale, che nutriamo tutti in situazioni del genere: cosa faremmo se fossimo all’improvviso attaccati da esseri la cui unica missione fosse quella di fare del male a noi e alla persona che amiamo di più? Lo fa soprattutto attraverso il ritratto psicologico dei protagonisti. Ovviamente, non offre una soluzione ma lascia spesso senza fiato e, soprattutto, fa riflettere. Non è poco per un film a basso costo realizzato però come fosse un prodotto di serie A.
Nelle sale dal 2 gennaio distribuito da Universal Pictures.